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Quel pasticciaccio brutto dell'Imu erariale
I comuni potrebbero dover pagare l'imposta per gli immobili adibiti a fini istituzionali

L’Imu c.d. erariale costituisce una delle novità introdotte dal decreto «Salva Italia». Sulla qualificazione e conseguenze dell’applicazione dell’Imu erariale si è aperto da subito un dibattito sulla stampa specializzata. Da diverse parti si sostiene che si tratta di autonoma imposta statale con la conseguenza che ad essa rimangono assoggettati anche gli immobili del comune situati sul proprio territorio ma non «destinati esclusivamente a compiti istituzionali», assumendo l’interpretazione di tale ultimo concetto rilevanza determinante nel dibattito in questione. Si pone il problema se sono da assoggettare a imposta gli immobili, ex Iacp, acquisiti da parte dei comuni e destinati alla edilizia residenziale pubblica. Questione che si complica qualora i comuni abbiano affidato la gestione di tali immobili agli enti pubblici nati dalle ceneri dei soppressi Iacp. Si dovrebbe concludere per l’assoggettamento di tali immobili a Imu erariale se dovesse essere recepito nell’ambito della disciplina della nuova imposta il diritto vivente formatosi sull’argomento in materia di Ici (ex pluribus Cass. sent. n. 14094/2010). L’esposta impostazione non potrebbe che trovare fondamento nella ritenuta introduzione da parte del legislatore di due distinte imposte, una comunale e una statale, regolate da discipline almeno parzialmente differenti. In altre parole si dovrebbe ammettere la sussistenza di due distinte obbligazioni fiscali dove, a fronte del medesimo soggetto passivo, risulterebbe diverso il soggetto attivo del rapporto: il comune in un caso; lo stato nell’altro. L’articolo 13 si risolve nella disciplina unitaria di un solo tributo espressione di un unico rapporto d’imposta di cui il comune è soggetto attivo e il contribuente è soggetto passivo, mentre sembra appropriato attribuire allo stato la qualifica di terzo beneficiario di una quota del tributo generato da tale rapporto. Tanto è vero che alla prevista riserva a favore dello stato di una quota del gettito dell’imposta si contrappone la prevista riserva in capo al comune di ogni potere impositivo e di accertamento nei confronti del contribuente. Né il previsto pagamento diretto da parte del contribuente allo stato della relativa quota di tributo pare sufficiente a instaurare un rapporto giuridico obbligatorio tra stato e contribuente, non essendo riconosciuto alcun esercizio di potere in capo allo stato né alcun correlato stato di soggezione in capo al contribuente, se non nei confronti del comune unico titolare dei poteri di accertamento e sanzionatori. Né pare riconducibile la titolarità del rapporto comunque in capo allo stato valorizzando istituti quali il mandato o la delega di funzioni dei citati poteri al comune, restando di competenza di quest’ultimo anche i crediti dovuti in ragione di detta attività di accertamento. A tale impostazione ermeneutica, conseguirebbe la risoluzione in senso negativo dell’assoggettamento a imposta degli immobili comunali a qualunque uso destinati, quanto meno per confusione nello stesso comune della soggettività attiva e di quella passiva del rapporto d’imposta. Le esposte teorie potrebbero essere però superate a seguito del meccanismo volto a garantire la neutralità finanziaria per i comuni della manovra Imu ad aliquote base, attraverso la «automatica variazione» dei fondi sperimentale di riequilibrio e perequativo, ai sensi del comma 17 del citato articolo 13. La disposizione è però lacunosa sollevando dubbi interpretativi e possibili rilevanti conseguenze finanziarie per i comuni.
È probabile che il Mef determini il gettito Imu, da cui conseguirà la variazione dei citati fondi attraverso l’elaborazione dei macro dati per categorie catastali forniti dall’Agenzia del territorio incrociati e corretti con quelli delle dichiarazioni dei redditi e dei versamenti Ici. Il dettaglio di tali dati «corretti» non garantisce l’esclusione dalla stima del gettito Imu della quota riconducibile alle unità immobiliari dei comuni destinate sia a scopi istituzionali che a scopi non istituzionali, accatastate per esempio in categoria A/10 o gruppo B.

Roberto Lenzu
presidente Anutel Emilia Romagna
membro comitato scientifico Anutel


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