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Riqualificazione in cerca di sprint
Procedure edilizie. Le criticità con cui si confrontano gli sviluppatori dopo l'approvazione delle leggi regionali e della manovra salva-Italia

Tre modifiche di legge a livello nazionale nell’ultimo anno e svariate norme regionali: bastano queste coordinate normative generali a testi-moniare quanto siano im-portanti le operazioni di ri-qualificazione immobiliare in un momento di difficoltà delle costruzioni come quel-lo attuale. Eppure, nonostante le ultime novità, la riqualificazione resta un intervento ambientale e urbanistico complesso, reso ancor più difficile da un intreccio di disposizioni non sempre coordinate tra di loro, da tempi incerti e da co-sti sicuramente superiori rispetto all’edificazione sul-le aree verdi. Ricostruiamo la situazione. Il decreto svi-luppo dell’anno scorso (Dl 70/2011, convertito con legge 106/2011) nel semplificare le procedure relative all’attività edilizia e alla tra-sformazione del territorio, mira anche a favorire il recupero delle aree dismesse attraverso il riconoscimento di incentivi e semplificazio-ni procedurali. L’articolo 5 del decreto, ai commi 9 e seguenti, infatti, introduce disposizioni volte a incenti-vare la razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente attraverso il recupero di a-ree urbane degradate e edi-fici non residenziali dismes-si. Si tratta dei cosiddetti brownfield. Lo scopo della norma è anche la conserva-zione delle aree verdi extraurbane mediante il re-cupero di quelle già edifica-te ma non più in uso. I pro e i contro La bonifica e il ri-pristino ambientale del sito sono un onere aggiuntivo che scoraggia l’investitore, se non bilanciato da incen-tivi mirati e rilevanti sem-plificazioni procedurali. Al tempo stesso, i brownfield sono un’importante risorsa. Le aree dismesse, spesso di rilevanti dimensioni e ubi-cate in posizione strategica, sono ideali per accogliere progetti innovativi di tra-sformazione urbana. Non sono mancati in passato ten-tativi legislativi (ad esempio l’articolo 252-bis del Dlgs 152/2006) volti a favorire il recupero delle ex aree indu-striali, ma essi si sono rive-lati poco efficaci in quanto rigidi rispetto alla conferma della destinazione produtti-va delle aree e non incenti-vati rispetto alla possibilità di recuperare i costi di boni-fica, magari quali opere a scomputo (si veda l’articolo in pagina dedicato specifi-camente a questo tema). Il decreto sviluppo ha compiu-to un passo in più, in quanto ha chiesto alle Regioni di emanare leggi di specifico incentivo al recupero delle aree industriali dismesse, attraverso il riconoscimento di premi volumetrici, il pos-sibile trasferimento delle volumetrie dismesse, il cambio delle destinazioni d’uso preesistenti, le modi-fiche della sagoma necessa-rie per l’armonizzazione ar-chitettonica con gli organi-smi edilizi esistenti.

Le scelte locali
L’assist statale è stato raccolto da diverse leggi regionali contenenti ipotesi di riqualificazione. Ipotesi non coincidenti tra loro, ma comunque indirizzate ad agevolare la riqualificazione urbana. Hanno legiferato la Puglia (legge 21/2011), il Lazio (legge 10/2011), la Toscana (legge 40/2011), la Basilicata (leg-ge 17/2011), la Valle d’Ao-sta (legge 18/2011), la Ligu-ria (legge 33/2011), il Vene-to (legge 13/2011), l’Umbria (legge 8/2011), il Molise (legge 21/2011) e la Sardegna (legge 21/2011). Nelle regioni che non hanno anco-ra provveduto (tra cui Lom-bardia, Piemonte, Campania e Abruzzo), essendo ormai decorso il termine loro as-segnato dalla legge di con-versione del decreto svilup-po, sono divenute diretta-mente applicabili le disposi-zioni premiali previste dal Dl 70/2011, per cui, oltre alla possibilità di mutare gli usi e le sagome degli edifici anche in deroga alla stru-mentazione locale, la volu-metria aggiuntiva da ricono-scere agli interventi di ri-qualificazione è pari al 20% per la residenza e al 10% della superficie coperta per gli edifici a uso diverso.


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