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Società locali, al Sud perdite per 110 milioni
Rapporto Anci. Le imprese partecipate dai Comuni sono oltre 3.600

Sono direttamente i comuni, in una sorta di operazione trasparenza, a mettere insieme i dati sul vituperato “socialismo municipale”. Il rapporto preparato dall’Anci, su dati del registro delle imprese (escluse le società quotate), mette a fuoco estensione della rete delle partecipate e relativi bilanci. Al 31 dicembre 2010 risultano 7.723 i Comuni azionisti e 3.662 le imprese attive tra i cui soci figura almeno un Comune (si arriverebbe a 4.206 considerando anche quelle in liquidazione, sospese e che nei tre anni precedenti non avevano presentato alcun bilancio). Dai bilanci emerge un valore della produzione complessivo di 24,9 miliardi di euro con costi del personale che superano 7,2 miliardi. Il patrimonio netto complessivo supera 27,6 miliardi, mentre l’utile totale delle società che chiudono con il segno positivo è di 824,6 milioni e le perdite totali di quelle in negativo raggiungono 581 milioni. Per un risultato di esercizio netto complessivo di 243,4 milioni, frutto soprattutto di energia, ciclo integrato dell’acqua, gestione dei rifiuti che vanno a compensare altri servizi pubblici locali in perdita. Interessante, però, è soprattutto la scomposizione regionale che consente di notare come il risultato netto sia negativo nel Lazio e in tutte le regioni meridionali (con esclusione di Sicilia e Basilicata) e positivo dal Centro in su. Dalla lettura dei bilanci, emerge che Molise, Calabria, Abruzzo, Sardegna, Campania e Puglia sommano perdite per oltre 110 milioni. Da solo il Lazio, invece, totalizza ben 131 milioni.
Nella mappa delle partecipate, spiccano Lombardia e Piemonte rispettivamente con 597 e 320 società.
Numeri elevatissimi nella fascia per la quale dovrebbe scattare l’obbligo, finora non attuato, di dismissioni :è azionista il 97% dei comuni fino a 5mila abitanti, il 94% tra 5mila e 9.999 abitanti, l’9,2% tra 10mila e 19.999, l’87% tra 20mila e 59.999.
La classificazione per settore vede dominare come prevedibile i servizi pubblici locali (1.470 su 3.662) seguiti da altre voci come infrastrutture ed edilizia, istruzione, cultura, commercio. Delicatissimo il capitolo governance. Si contano complessivamente 15.868 amministratori, con una media di 4,3 per società. Nell’ottica di ridurre le poltrone e i costi annessi, sorprende però che l’84% delle imprese partecipate abbia un consiglio di amministrazione anziché un amministratore unico nonostante nel 30% dei casi il Comune sia socio unico detenendo il 100 per cento.
Graziano Delrio, presidente dell’Anci, riconosce anche l’opportunità di istituire una commissione pubblica sugli sprechi delle partecipate, ma invita comunque a superare la logica della demonizzazione a tutti i costi. «Bisogna sapere distinguere: in alcuni casi possono esserci degli eccessi da correggere ma molte società sono nate da sollecitazioni reali del territorio. La domanda di mercato per i cui i comuni sono entrati in determinati business da chi viene evasa se l’attività non è giudicata redditizia dai privati?».


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