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Più cari i prestiti a società e comuni
I possibili effetti dell'ultimo declassamento dell'agenzia di rating

Il faro di Moody’s dagli Stati si è spostato su banche, assicurazioni, enti locali e società di tutta Europa: ieri sono piovuti i tagli di rating o le «revisioni di prospettive» anche su molte realtà italiane. Un effetto domino: dopo il calo del giudizio sui rating sovrani di Italia (da A2 ad A3), Spagna, Portogallo, Slovenia, Slovacchia e Malta dei giorni scorsi, l’agenzia ha anche messo sotto osservazione 17 big del credito mondiale fra cui Goldman Sachs, Citigroup, Deutsche Bank, Ubs, Hsbc. E per l’Italia ha coniato addirittura un nuovo acronimo RuR Down (rating under review for downgrade – rating sotto osservazione in vista di un nuovo taglio), per giudicare lo stato di salute di 24 banche. Una decisione che rischia di far aumentare ulteriormente i costi di rifinanziamento degli istituti di credito (già cresciuti con il peggiorare della crisi del debito e l’introduzione di nuove regole) e di rendere più cari i prestiti per società ed enti locali. Il taglio colpisce anche otto Regioni e alcune Province e città della Penisola. E non perdona nemmeno i tre campioni delle assicurazioni tricolore (Unipol, Generali e Allianz spa) sulla cui sostenibilità finanziaria incide anche la crisi economica generale dell’Europa, in particolare quella dei Paesi periferici come appunto Italia e Spagna.

24: le banche italiane coinvolte nell’ultima tornata di tagli di rating o revisioni di prospettive decisi dall’agenzia Moody’s. In tutto sono 114 le banche europee appena «cadute» nel mirino di Moody’s

52: miliardi È l’investimento in titoli italiani delle Generali, pari al 20% del portafoglio. Il rating è stato ridotto ad A1, ma in quanto multinazionale il Leone ha un voto superiore a quello dell’Italia

8: le Regioni italiane che sono state declassate da Moody’s. Taglio del rating anche per 6 Province e 4 Comuni. Ritoccati i giudizi sulle Province autonome di Bolzano e di Trento (A1)

9%: la crescita dei profitti di Eni nel 2011 a 6,89 miliardi. Il dividendo è aumentato a 1,04 euro: il Tesoro mincasserà una maxicedola di 1,262 miliardi (49 milioni in più rispetto al 2010)


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