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Risiko sulle ex municipalizzate ma la partita è solo al primo tempo

Il riassetto di Edison, che ha visto consegnata ai soci italiani Edipower con le sue nove centrali, potrebbe rivelarsi un catalizzatore per il risiko delle ex municipalizzate. A partire da A2A e Iren, che dopo avere raggiunto faticosamente un accordo per ridisegnare il modello di business e la governance della ex genco Enel, nei prossimi mesi potrebbero prendere in esame un aggregazione, magari coinvolgendo anche Hera. «Ne nascerebbe – ricorda spesso Bruno Tabacci, assessore al Bilancio del Comune di Milano – un gigante da 14 miliardi di fatturato». Un progetto che, peraltro, ricalca il sogno dell’attuale e storico presidente di A2A (e precedentemente di Aem Milano), Giuliano Zuccoli, da poco scomparso, che da almeno un lustro lavorava a quella che sarebbe una “Rwe del Nord”, prendendo spunto, nel nome, dal gruppo tedesco oggi tra i colossi europei dell’energia. Il disegno oggi potrebbe anche sfruttare il fatto che le giunte di Genova e Torino (che fanno capo a Iren), di Milano (controllante di A2A con Brescia) e di Bologna (Hera) sono guidate al centrosinistra. Lo stesso Tabacci, il sindaco di Milano Giuliano Pisapia e l’omologo torinese Piero Fassino hanno già posto un altro punto fermo: nel contesto del riassetto di Edison si sono detti disponibili a rinunciare ai ricchi dividendi delle partecipate pur di promuovere un nuovo progetto energetico di ampio respiro, visto di buon occhio anche dal ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera. A2A controlla il 56% della nuova Edipower tutta italiana (Iren è il secondo socio con il 20%) e, considerata insieme alla ex genco Enel, cui fanno capo nove impianti per una capacità installata di 6,4 MW, rappresenta già oggi il secondo operatore energetico del Paese. Ma nel futuro prossimo è ipotizzabile che la multiutility lombarda si possa fondere direttamente con Edipower, i cui azionisti (oltre a Iren anche Dolomiti Energia e la bolzanina Sel) potrebbero così ritrovarsi una quota nella stessa A2A. È chiaro che questa potrebbe essere la premessa per un’aggregazione di più ampio respiro, che coinvolgerebbe anche Hera. Sullo sfondo, peraltro, resta anche la romana Acea che, diversamente dalle utility fin qui citate, ha poco debito e liquidità a disposizione maè ancora alla ricerca di capacità produttiva. Infine, resta da capire il ruolo del Fondo strategico italiano di Cdp, che potrebbe entrare nel risiko delle utility in una seconda fase per rafforzare le spalle dell’azionariato e offrire capitale per lo sviluppo così come prevede il suo statuto.
Le prospettive sono interessanti. Anche se, sottolineano gli addetti ai lavori, non saranno tutte rose e fiori. Ammesso che si trovi l’intesa politica tra tutti i Comuni coinvolti (fatto non scontato), sul progetto Edipower grava l’incognita del gas. Eccezion fatta per le ultime settimane, che causa freddo hanno visto consumi record, la crisi ha rallentato la richiesta di energia da parte di aziende e famiglie. Ciò si è riflesso sul conto economico delle centrali a gas (il parco impianti di Edipower ne comprende quattro su nove) e rischia di farlo ulteriormente nei prossimi due anni. Poi, se ripartirà l’economia e si correggerà lo squilibrio tra offerta e domanda di materia prima, potrebbe arrivare la svolta. E il progetto della super utility del Nord non potrebbe che giovarne.

Miliardi di valore patrimoniale.
27
Un patrimonio da 27 miliardi. È quanto emerge dalla ricerca effettuata dall’Anci, l’associazione nazionale dei comuni, su 3.662 aziende attive su tutto il territorio, escluse le quotate in Borsa.


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