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Polizze, banche e yacht: correzioni in extremis
Oggi il voto sul maxiemendamento - Tensioni sul nodo tesoreria

ROMA – Assicurazioni, banche, tasse sulle barche e compensazioni dei debiti della pubblica amministrazione attraverso «composizioni bonarie con i creditori». Sono le ultime tessere scelte l’altra notte dalla commissione Industria del Senato per completare il puzzle delle modifiche al decreto liberalizzazioni. Un lavoro mirato su quasi tutti i capitoli del decreto, non senza però ulteriori strascichi polemici per la decisione di non intervenire sul nodo della tesoreria unica, al centro ieri di una dura polemica tra il governatore del Veneto, Luca Zaia, e Unicredit. In tutto sono stati 141 i ritocchi apportati al testo, approdato ieri in Aula dove oggi il Governo dovrebbe porre la fiducia su un maxiemendamento, che ricalcherà l’articolato rivisitato dalla commissione, con l’aggiunta di piccole modifiche. A cominciare da quella per precisare meglio la stretta sulle clausole legate alle linee di credito. È stato uno dei relatori, Filippo Bubbico (Pd), a chiarire che dall’emendamento approvato in commissione è saltata la frase «che rende applicabile la nullità» delle clausole «agli istituti di credito che non si adeguano alle norme sulla trasparenza». La fiducia sarà votata nella stessa giornata di oggi, in cui arriverà anche il via libera di palazzo Madama al provvedimento, che poi passerà alla Camera per il disco verde definitivo. A Montecitorio il provvedimento dovrà marciare a tappe forzate: il lavoro in commissione dovrà essere chiuso entro il 19 marzo, quando il testo approderà in Aula. In ogni caso i margini per nuovi ritocchi sono assai ristretti. Mario Monti lo ha lasciato intendere chiaramente: «Ci aspettiamo che questa settimana il Senato concluda l’esame», ha detto il premier aggiungendo che il Governo «vigilerà con molta attenzione» anche sul passaggio alla Camera «per assicurarci che il testo finale contenga i risultati desiderati». Non dovrebbe, dunque, subire troppi sfilacciamenti la tela faticosamente tessuta al Senato dai relatori Simona Vicari (Pdl) e Bubbico (Pd) per trovare una sintesi tra le richieste dei partiti, i paletti del Governo e le pressioni delle associazioni di categoria e garantire, al tempo stesso, più vantaggi ai consumatori. Anche grazie a questo lavoro il non semplice rapporto tra Pdl e Pd nel sostenere il Governo, che su un provvedimento come quello sulle liberalizzazioni sembrava fortemente a rischio, sembra uscire rafforzato. Entrambi i capigruppo, Maurizio Gasparri e Anna Finocchiaro, hanno espresso soddisfazione per le modifiche apportate. E la Finocchiaro ha anche dato atto al Pdl di aver resistito alla «pressione» delle categorie che rappresentano parte del suo elettorato. Gli ultimi ritocchi approvati in commissione riguardano, tra l’altro, le assicurazioni e la tassa sulle barche, introdotta dal decreto «salva-Italia». Su quest’ultimo fronte l’imposta viene applicata non più sullo stazionamento ma sul possesso, con l’obiettivo – ha detto Vicari – di «evitare la fuga dai nostri porti». Sul capitolo assicurazioni sono stati velocizzati i risarcimenti in caso di furto o di incendio dell’auto ed è stato reso «automatico» l’aggiornamento dei premi nel caso in cui i proprietari di automobili non abbiano avuto incidenti. L’unico nodo rimasto resta quello della tesoreria unica. Il governatore del Veneto Zaia ha diffidato il tesoriere regionale, Unicredit banca, dal dare esecuzione al trasferimento della liquidità alla tesoreria unica nazionale previsto dal decreto. Diffida però ignorata da Unicredit, come ha fatto sapere lo stesso Zaia. Un braccio di ferro accompagnato da nuove proteste di Comuni e Regioni contro la misura contenuta nel decreto liberalizzazioni. «Nessun ente locale non avrà i soldi da spendere», ha assicurato il viceministro dell’Economia Vittorio Grilli aggiungendo che «la centralizzazione della tesoreria non è fine a se stessa ma è per un efficientamento della gestione della liquidità». Ma la Lega non ci sta. L’ex ministro Roberto Maroni minaccia la «class action» contro questo intervento e al Senato il Carroccio fa leva su un ordine del giorno a firma di Massimo Garavaglia, guardato con attenzione dal Governo, che impegna l’Esecutivo a dare agli enti locali gli interessi maturati nella tesoreria centrale evitando così a Comuni e Province di ricorrere alle banche per avere liquidità di lasciare affondare i piccoli istituti di credito locali. Un ordine del giorno dal quale la Lega spera, come gli stessi enti locali, che possa prendere forma un emendamento da inserire nel decreto fiscale.


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