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La nuova Imu sarà il triplo della vecchia Ici
Il conto cresce per l'effetto combinato della revisione delle aliquote e del moltiplicatore delle rendite catastali

MILANO – Il primo tassello è imposto dallo Stato, il secondo è chiesto dai Comuni che nella grande maggioranza stanno studiando incrementi di aliquota per cercare di far quadrare i bilanci. Chiusa la prima fase della partita del decreto fiscale, che non ha portato le correzioni chieste dai sindaci ma solo un impegno del Governo a concedere agevolazioni in agricoltura, le amministrazioni iniziano a fare i conti e i responsi sono spesso a senso unico: aumenti dell’aliquota, salvando quando si può l’abitazione principale che comunque già paga lo scotto di uscire dall’esenzione quasi totale in vigore fino allo scorso anno. Le decisioni non sono definitive, perché l’ennesima proroga (obbligata) ha spostato al 30 giugno i termini entro cui chiudere i preventivi 2012 e fissare le aliquote di tributi e addizionali, ma la strada pare segnata, soprattutto al Nord dove il lavoro sui bilanci è più avanti. Una strada accidentata per i contribuenti: per avere idea degli effetti basta pensare che, oltre a reintrodurre il prelievo sull’abitazione principale, il nuovo sistema fa crescere (in genere del 60%) le basi imponibili e alza le aliquote di riferimento. Applicando la richiesta base prevista dal decreto «Salva-Italia», il conto per una seconda casa o un negozio raddoppia rispetto all’Ici 2011. Tutti gli aumenti locali mettono un carico aggiuntivo a questa base. A Milano, per esempio, ci sono da recuperare quasi 600 milioni di euro (si veda anche Il Sole 24 Ore di ieri) e non c’è molto da scialare. Evitato, almeno per ora, l’aumento dell’addizionale Irpef, sono i proprietari di immobili a dover assicurare lo sforzo maggiore per tenere in piedi i conti di Palazzo Marino. L’ipotesi più accreditata mantiene al 4 per mille fissato dalla legge statale l’aliquota sull’abitazione principale, e assegna il 9,6 per mille (quella «di base» prevista dal decreto «salva-Italia» è il 7,6 per mille) agli altri immobili: i tecnici lavorano anche a una disciplina di favore per gli affitti a canone concordato (4,6 per mille) e una di “sfavore” (10,6 per mille, tetto massimo di legge) per banche e assicurazioni, sulla falsariga di quanto accade per l’Irap, ma la fattibilità di queste articolazioni è ancora tutta da confermare. Sempre in Lombardia, aumenti locali in vista anche a Monza, Bergamo e Lecco, mentre le aliquote di Brescia e Mantova dovrebbero assestarsi ai livelli indicati dalla legge statale; lo stesso dovrebbe accadere a Lodi, dove il Comune pensa di puntare sulle imposte “minori” appena scongelate dal decreto fiscale (dall’imposta sulla pubblicità a quella sull’occupazione di suolo pubblico), nel tentativo anche di mantenere al 2 per mille l’addizionale Irpef. A Torino, invece, è a rischio incrementi anche l’abitazione principale, perché a Palazzo di Città le esigenze di finanza locale sono impellenti (come mostra anche l’annunciato sforamento del Patto di stabilità 2011) e spingono gli amministratori a calcolare il 5 per mille per le abitazioni principali, e a portare 9,6 per mille l’aliquota per gli altri immobili: tra le opzioni sul tavolo c’è però anche una minitutela per gli affitti a canone concordato, che potrebbero attestarsi all’aliquota di riferimento nazionale del 7,6 per mille. Partita chiusa invece ad Aosta: aliquote nazionali per tutti, tranne che per le 800 case tenute vuote in città, che vanno incontro a una penalizzazione con aliquota al 9,6 per mille. A Trento, infine, è stata decisa un’Imu al 4 per mille per le abitazioni principali e pertinenze, al 7,83 per gli altri immobili, al 10,6 sugli immobili sfitti da oltre due anni. Molto più indietro è Roma, dove però l’allarme conti è ancora più alto e potrebbe portare al 6 per mille anche l’aliquota sulla prima casa, oltre ad alzare quella riservata al resto del mattone (nell’attesa che dal 2013 parta anche l’Imu sui beni ecclesiastici, che a Roma pesano parecchio). Tutto al massimo anche a Caserta, dove i conti locali non lasciano alternative, mentre a Napoli la partita è ancora tutta da giocare: le prime ipotesi potrebbero iniziare a circolare dalla prossima settimana, appena si chiuderà la vicenda della gestione del patrimonio comunale, perché il destino delle aliquote napoletane dipende anche dalla possibilità di dare una svolta concreta nella valorizzazione del mattone di Palazzo San Giacomo.


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