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Sanzioni Ici Annullamenti d'ufficio ko

Il giudice tributario non deve annullare d’ufficio le sanzioni irrogate dal comune al contribuente per incertezza oggettiva sul significato della legge, in mancanza di un’espressa richiesta. Del resto, spetta all’interessato provare che la violazione è stata commessa in seguito alla confusione normativa sul corretto adempimento degli obblighi tributari. Lo ha affermato la Corte di cassazione, con la sentenza 4031 del 14 marzo 2012. Nel caso in esame, infatti, il contribuente aveva impugnato l’accertamento emanato dal comune per il mancato pagamento dell’Ici sugli aerogeneratori di un parco eolico, in quanto erroneamente inquadrati nella categoria D/1-Opifici, anziché in quella degli immobili esenti (categoria E). Per i giudici di piazza Cavour, però, il contribuente può chiedere l’annullamento delle sanzioni solo quando la disciplina normativa si articoli in una pluralità di prescrizioni, il cui coordinamento appaia concettualmente difficoltoso per l’equivocità del loro contenuto. Tuttavia, l’onere di dimostrare quali siano gli elementi di confusione grava sul contribuente. Quindi, «va escluso che il giudice tributario di merito debba decidere d’ufficio l’applicabilità dell’esimente, né, per conseguenza, che sia ammissibile una censura avente ad oggetto la mancata pronuncia d’ufficio sul punto». Spetta invece all’interessato formulare un’espressa richiesta e provare che sussistono i presupposti per l’annullamento delle sanzioni.
In effetti, l’articolo 8 del dlgs 546/1992 attribuisce al giudice tributario il potere di dichiarare non applicabili le sanzioni non penali previste dalle leggi tributarie quando la violazione è giustificata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni alle quali si riferisce. Per poter aver luogo l’applicazione di questa esimente occorre che sussistano dubbi, per esempio, in ordine all’assoggettamento a tassazione di un determinato bene oppure sull’obbligo di presentazione della dichiarazione o, ancora, che vi siano incertezze interpretative su una determinata disposizione. Deve trattarsi, quindi, di ignoranza inevitabile. All’autore della violazione non deve essere addebitabile nessuna negligenza.


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