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Omicidio stradale: battuta d'arresto Severino perplessa
Audizione alla Camera

Di fatto, è una battuta d’arresto. E ora crescono i dubbi che il nuovo reato di omicidio stradale possa essere introdotto entro la fine naturale di questa legislatura, cioè tra un anno. La sensazione che se ne debba riparlare dopo che sarà stato eletto il prossimo Parlamento c’era già tra gli addetti ai lavori, ma ha preso corpo ieri, dopo l’audizione del ministro della Giustizia, Paola Severino, alla commissione Trasporti della Camera. Severino ha frenato rispetto alle aperture mostrate tre settimane fa dal suo collega delle Infrastrutture, Corrado Passera. Mentre quest’ultimo aveva solo fatto cenno alla necessità di approfondire alcune questioni, il guardasigilli ha espresso «alcune perplessità».
«Non sono né a favore, né contro – ha detto ieri Severino –, ma, se si vuole affrontare il tema in maniera efficace, etichettare la norma come omicidio stradale non basta». Il ministro ne fa una questione puramente tecnica, che lei stessa ha già affrontato nel corso della sua carriera accademica: occorre stabilire chiaramente «se si tratta di omicidio colposo o doloso» e questo non è facile, alla luce dei princìpi generali del diritto penale.
Infatti, Severino ha ricordato che alla base di tutto resta l’elemento psicologico del reato, cioè va determinato se il responsabile dell’omicidio abbia agito per colpa (negligenza, imprudenza o imperizia) o per dolo (effettiva volontà di uccidere qualcuno). Secondo il ministro, l’attuale proposta di legge sull’omicidio stradale (AC 4662, all’esame proprio della commissione Trasporti) non fa altro che attribuire «un titolo e una pena» a una fattispecie di reato. Questo «potrebbe portare addirittura al risultato opposto: un giudice che non riscontra il dolo in un omicidio compiuto alla guida dovrebbe alla fine assolvere perché il fatto non costituisce reato per mancanza di dolo».
Di conseguenza, «per costruire qualcosa che poi la giurisprudenza applicherà e dare quindi certezza della pena, occorre stabilire una fattispecie chiara sotto il profilo interpretativo». Cosa non facile per un omicidio commesso mentre si guida sotto effetto di stupefacenti o con tasso alcolemico molto alto (l’AC prevede debba superare 1,5 grammi/litro, cioè il triplo della soglia oltre la quale il conducente è considerato ebbro dal Codice della strada): in situazioni del genere è chiaro che la volontà (e quindi l’eventuale dolo) dell’omicida è spesso impossibile da ricostruire. In altre parole, bisognerebbe capire se quando era lucida, cioè prima di assumere la droga e/o l’alcol, l’omicida avesse già intenzione di guidare dopo l’assunzione. Secondo il ministro, la differenza sta «nella situazione in cui il fatto è compiuto e non potremmo mai descriverle tutte in un articolo di legge, sarà sempre il giudice a dover indicare se le circostanze determina un dolo eventuale o una colpa».
Da questo deve dipendere anche l’entità della pena. «Si può aumentarla – ha concluso Severino –, senza però illudersi che questa dia specificità alla fattispecie».


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