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Aziende speciali al posto dei consorzi

Aziende speciali al posto degli attuali consorzi socio-assistenziali. È una possibilità che si fa sempre più concreta e che lo stesso legislatore sembra in qualche modo suggerire.
Il problema nasce con l’art. 2, comma 186, lett e), della legge 191/2009, che ha disposto la soppressione di tutti i consorzi di funzioni tra gli enti locali, con la sola eccezione (prevista dall’art. 1, comma 1-quater, della legge 42/2010) dei bacini imbriferi montani. Come chiarito da varie pronunce della Corte dei conti, a dover essere sorpresi sono i consorzi costituiti, ai sensi dell’art. 31 del Tuel, per l’esercizio associato di funzioni (non importa se esclusivamente o unitamente a servizi), ivi compresi quelli socio-assistenziali, sebbene questi ultimi siano espressamente identificati da numerose leggi regionali come obbligatori.Tale disciplina si è intrecciata con quella che impone ai piccoli comuni l’obbligo di gestione associata delle funzioni (artt. 14 del dl 78/2010 e 16 del dl 138/2011), con modalità e tempistiche differenziate a seconda della fascia demografica di appartenenza (meno di 1000 abitanti e 1.000-5.000 abitanti). Il socio-assistenziale, infatti, rientra tra le funzioni (fondamentali) di competenza comunale. Qualunque sia la modalità operativa che i comuni sceglieranno per reinternalizzare le «funzioni» relative a questo ambito (ed il personale che le svolge) – convenzione, unione di comuni «tradizionale» (ex art. 32 del Tuel) o «speciale» (ex art. del 16 dl 138/2011), gestione singola (per i municipi maggiori) – rimarrà aperta la questione relativa alla riorganizzazione dei «servizi» finora svolti dai consorzi da sopprimere e la ricollocazione del personale ad essi addetto. Al riguardo, la soluzione preferibile pare essere rappresentata dalla costituzione di un consorzio di servizi «puro» sotto forma di azienda speciale consortile ex art. 114 del Tuel. In un certo senso è lo stesso legislatore ad indicare questa strada. Il recente decreto «Cresci Italia» (dl 1/2012, convertito dalla l. 27/2012), nel disporre l’estensione alle aziende speciali (oltre che alle istituzioni ed alle società in house) degli stessi vincoli imposti agli enti locali (soggezione al Patto di stabilità interno, limitazioni alle assunzioni di personale, obbligo di applicare il codice dei contratti pubblici e le norme di contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o indennitaria e per consulenze, limiti alle partecipazioni societarie) ha previsto una deroga a favore di quelle «che gestiscono servizi socio-assistenziali ed educativi». Giova ricordare che nell’ambito dei servizi pubblici privi di rilevanza economica (tipologia alla quale appartengono molte, anche se non tutte, le prestazioni socio-assistenziali) le regioni e gli enti locali hanno ampi margini di manovra, come riconosciuto dalla sentenza n. 272/2004 della Corte costituzionale, potendo optare sia per moduli più «pubblicistici» (aziende speciali, istituzioni, associazioni, fondazioni ecc.), che per moduli più «imprenditoriali» (società di capitali). Il modulo dell’azienda speciale consortile ha il pregio di coniugare il controllo pubblico con una gestione improntata a criteri di efficacia, efficienza, ed economicità. Esso permetterebbe di conservare le dimensioni degli attuali consorzi, salvaguardando le economie di scala.


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