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Le vie per tutelare i redditi più bassi

Le manovre sulla finanza locale consentono allo Stato di recuperare oltre 13 miliardi con tagli ai trasferimenti, inasprimenti del Patto e appropriazione di una grossa quota del gettito Imu. In questo nuovo assetto, le manovre (Dl 138/2011 e 201/2011) attribuiscono ai Comuni l’esercizio di nuove leve fiscali sulle imposte sul reddito (addizionale Irpef) e sul patrimonio (Imu). I Comuni potranno intervenire a compensazione dei nuovi tagli e degli inasprimenti del Patto incrementando le aliquote dell’addizionale Irpef fino allo 0,8%, con la possibilità di differenziarle per livello di reddito. Il più rilevante margine sull’Imu riguarda le aliquote. Gli interventi sull’Imu potrebbero risultare più attrattivi per i Comuni rispetto agli incrementi dell’addizionale, almeno per quanto riguarda il gettito ottenibile: per l’intero comparto, infatti, il raggiungimento dell’aliquota massima dell’addizionale vale 1,9 miliardi, circa un quinto della leva fiscale potenziale complessiva sull’Imu. Si consideri inoltre che molti enti già adottano l’aliquota massima (13% dei Comuni) o comunque relativamente elevata (nel 56% dei Comuni l’aliquota 2010 era maggiore di 0,4%).
I nuovi margini di manovra possono inoltre porre agli enti complesse alternative nella distribuzione del carico fiscale tra diverse tipologie di contribuenti. Il bilanciamento tra interventi Irpef e Imu consentirebbe di distribuire il carico fiscale tra lavoro e rendita, mentre un’articolazione progressiva delle aliquote Irpef concentrerebbe il prelievo sui redditi alti alleggerendo le famiglie con redditi inferiori.
Tuttavia rispetto a queste opzioni che, per la dimensione delle grandezze in gioco, possono assumere un valore più che altro segnaletico, appaiono più concrete le opzioni di intervento selettivo per garantire la sostenibilità dell’imposta sui contribuenti a reddito più basso.
Questo tema riguarda in primo luogo l’Imu. Se infatti la sostenibilità dell’Irpef è direttamente controllata dall’aliquota, l’incidenza dell’Imu sul reddito può essere rilevante. Ad esempio nel caso di un pensionato con assegno sociale (5.577 euro annui), con abitazione principale “media” (rendita 513 euro), l’incidenza dell’Imu sul reddito supera il 2,6 per cento.
Esenzioni dall’Irpef dei contribuenti a basso reddito, inoltre, sono a rischio sia per l’evasione, sia per il carattere “personale” dell’Irpef, che non distingue tra i redditi più bassi quelli che sono inseriti in un contesto familiare di benessere; agevolazioni commisurate a un indicatore di condizione economica più complesso, come l’Isee, consentirebbe di escludere dai benefici un numero maggiore di «falsi poveri».


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