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L'Italia digitale fa i primi passi

«La Presidenza del Consiglio la ringrazia per l’invio del suo messaggio al quale risponderà al più presto». Un messaggio su Twitter, qualche giorno fa, segnalava la risposta standard offerta dal sito del capo del Governo a chi invia una mail. Il messaggio era scetticamente inteso a raccogliere solidarietà intorno al preconcetto secondo il quale l’amministrazione pubblica italiana non è un fulmine di efficienza online. Difficile sradicare uno scetticismo motivato da decenni di eccessiva distanza tra la politica e le persone. Eppure, non si può negare che questo Governo abbia introdotto alcune novità promettenti. Come la pratica di avviare ampie e libere consultazioni online su temi controversi.
Si tratta di un’abitudine molto strutturata alla Commissione europea che ha l’obiettivo di raccogliere idee e generare partecipazione ed eventualmente consenso intorno alle politiche europee. Il servizio “YourVoice” offre una panoramica dei temi in discussione attualmente e del tempo che rimane alla chiusura delle consultazioni: si parla di come ridurre gli incidenti stradali, come favorire i servizi bancari per gli studenti che sono in un programma Erasmus, come aumentare il supporto finanziario al miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici, come ridurre il contenuto di piombo nei giochi, come definire una nuova legislazione sull’insolvenza, e così via. Le regole delle consultazioni europee sono diverse sui diversi temi, ma in generale servono al loro scopo, che non viene né sovrastimato né sottovalutato.
Anche su questa pratica, in Italia, non è mancata la discussione. La recente consultazione sui tagli alla spesa pubblica e, prima, la consultazione sul valore legale della laurea hanno suscitato qualche alzata di sopracciglia.
Qualche simpatico cittadino e alcuni giornalisti hanno dimostrato che si potevano inviare facilmente più risposte a testa per sostenere o contrastare l’idea di abbandonare il sistema del valore legale della laurea. Ma si è trattato di una reazione dettata ancora una volta dallo scetticismo, tanto per segnalare che il sistema non era a prova di “furbizia”. In effetti, il risultato – ricordiamo che sul tema dell’università sono arrivate circa 20mila risposte e che il 75% delle posizioni registrate in quella consultazione era favorevole al mantenimento del sistema attuale – non poteva certo essere considerato come quello di un sondaggio né tantomeno di un referendum: poteva solo essere una libera raccolta di pareri, la cui utilità era tanto maggiore quanto più la cittadinanza si fosse prestata a fornirne liberamente e disinteressatamente. Certo, ci si può domandare chi analizzerà le risposte e se ne farà buon uso. A maggior ragione questa domanda vale per l’altra consultazione aperta dal Governo, quella sull’Agenda Digitale, ben più complessa e impegnativa per chi risponde e, di conseguenza, per chi ascolta.
L’organizzazione che i ministeri hanno messo in piedi per rispondere alle sollecitazioni che i cittadini fanno pervenire online, via posta elettronica o in altri modi, non è enorme. E comunque non può che crescere con l’esperienza. Ma la consapevolezza della necessità di migliorarla appare evidente. Anche perché, nell’insieme la politica sta prendendo coscienza del fatto che la comunicazione via internet è una dimensione ineludibile della costruzione del consenso e del servizio ai cittadini, come dimostra del resto la maturazione dei comportamenti online dei partiti e dei loro rappresentanti. E si inserisce in un contesto di soluzioni di e.government che, sebbene migliorabili, non sono tuttavia inesistenti, a partire dalle notevoli innovazioni introdotte nel tempo dall’amministrazione fiscale italiana.
I cittadini italiani hanno certamente una quantità di ragioni per coltivare un certo scetticismo in materia di relazioni con la politica. Ma è improprio che non si accorgano delle differenze, che pure ci sono, tra diversi politici e diverse amministrazioni.
Questo Governo – comunque lo si voglia giudicare – ha, appunto, adottato esplicitamente il tema dell’Agenda Digitale, in linea con la strategia europea, ha avviato una “cabina di regia”, ha aperto una consultazione in materia. Certo, ha ereditato un clamoroso ritardo del paese in termini di accesso a internet in banda larga, di alfabetizzazione digitale, di utilizzo del commercio elettronico e di quasi tutte le altre opportunità offerte dalla tecnologia elettronica. Ma ha deciso di occuparsene.
Quel ritardo non era generato dal caso, ma da politiche volutamente antitetiche allo sviluppo digitale, perché concentrate su altri media, come la televisione, e altre priorità strategiche, come il Ponte sullo Stretto di Messina. E si dovrebbe dunque valutare con attenzione questo nuovo approccio all’internet deciso dall’attuale Governo. Quanto ai risultati, vedremo. E se quest’ultima notazione dovesse apparire un po’ scettica si spera possa rivelarsi presto semplicemente empirica.


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