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Comuni e coop senza quota statale

Le scelte dei Comuni sulle agevolazioni Imu sono condizionate dalla quota del tributo riservata allo Stato. Il Dl 201/2011 prevede infatti il versamento all’Erario dello 0,38% con l’eccezione di abitazioni principali e pertinenze e fabbricati rurali strumentali. La legge 44/2012 ha poi aggiunto altri casi, innescando tuttavia alcuni dubbi interpretativi.
Con la conversione del Dl 16/2012 è stata comunque risolta la questione degli immobili comunali non istituzionali, per i quali «non è dovuta la quota di imposta riservata allo Stato». La formulazione della norma è chiara: i Comuni non saranno più costretti a pagare la quota statale dell’Imu anche sui loro immobili.
Non altrettanto chiara è la modifica per gli immobili delle cooperative edilizie a proprietà indivisa e per gli alloggi assegnati dagli Iacp, ai quali «non si applica la riserva della quota di imposta statale». La disposizione in questo caso è stata interpretata in due modi diversi: 1) i presidenti dei vari Iacp/Ater affermano di essere esenti dall’Imu per la quota statale, sostenendo di dover pagare l’imposta con aliquota ridotta allo 0,38%; 2) l’Ifel ritiene invece che cooperative e Iacp non godano di alcuno sconto, ma che «l’intero gettito spetta ai Comuni». La norma dovrebbe quindi spingere i sindaci a ridurre il prelievo senza dover girare alcuna somma all’Erario.
Rischia di essere grottesca poi la soluzione che la legge 44/12 offre agli immobili dei ricoverati in strutture di lungodegenza o degli italiani residenti all’estero. L’intento iniziale era di alleggerire il carico su queste categorie senza dover gravare sui Comuni. Tuttavia, prima della votazione finale, è stata cancellata la frase che disapplicava la quota erariale su questi immobili. In primo luogo non si comprende la portata innovativa della parte riguardante gli anziani, che di fatto coincide con quanto già previsto dall’ultimo periodo del comma 10. In secondo luogo l’assimilazione introdotta dalla legge 44/2012 non può comportare la disapplicazione della quota statale, limitata alle abitazioni principali indicate al comma 7 dell’articolo 13 e non estensibile a quelle «assimilate» dai Comuni ai sensi del comma 10. Di conseguenza nel caso in cui il Comune decida di concedere l’agevolazione a questi immobili, l’Erario deve comunque ricevere il 3,8 per mille, peraltro non è chiaro da chi e con quali modalità. La detrazione di 200 euro o l’eventuale riduzione dell’aliquota sull’abitazione principale potrebbe infatti comportare l’azzeramento del tributo: in tal caso non si capisce se le agevolazioni erodono l’intera imposta o la sola quota comunale, e quindi se l’eventuale credito maturato possa essere o meno detratto dalla quota statale. In questo contesto è evidente che la norma spinge i Comuni a rinunciare a tale facoltà.


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