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Patroni Griffi: non vincerà il consociativismo
La risposta alle critiche dell'ex ministro Brunetta, la sfida ora in parlamento

Non piace all’ex ministro per la pubblica amministrazione, Renato Brunetta, l’accordo che il suo successore, Filippo Patroni Griffi, ha sottoscritto con le organizzazioni sindacali sulla riforma del lavoro dei dipendenti pubblici e dell’organizzazione degli uffici e dei servizi statali. E minaccia che né lui né il Pdl potranno seguire l’attuale esecutivo nella cancellazione della sua riforma, che, a detta dell’ex titolare di palazzo Vidoni, l’Unione Europea aveva giudicato come uno dei migliori atti del precedente esecutivo.
Ma l’attuale ministro, già capo di gabinetto di Brunetta, ha buon gioco ad affermare che non intende procedere «a una riforma epocale e tanto meno a una controriforma«, l’intenzione del governo Monti e del ministro Patroni Griffi è di proseguire un percorso già iniziato, introducendo solo i cambiamenti richiesti dal nuovo contesto socio – economico e politico. E ha trovato finalmente concordi le organizzazioni sindacali confederali, che l’anno scorso, proprio sulla stessa materia, si erano divise, Cisl e Uil a sottoscrivere il testo proposto da Brunetta e Cgil a lasciare il tavolo della discussione. La novità che ha fatto piacere alle organizzazioni sindacali confederali è la valorizzazione della contrattazione, sia quella nazionale sia quella locale delle rappresentanze sindacali, le Rsu, che dovrebbe finalmente coinvolgere anche la dirigenza, quella scolastica in particolare che ne è tuttora priva e non per colpa, a onor del vero, di Brunetta. Non si tratta certo di consociativismo se le organizzazioni sindacali si ritroveranno attorno a un tavolo con il datore di lavoro per discutere di salari, di disciplina, di rapporti, fermo restando, lo ribadisce l’accordo, che in mancanza di intese ognuno va per la sua strada. Estromettere le rappresentanze dalla discussione e dalla ricerca di un accordo su materie che coinvolgono la vita dei lavoratori non è certo una cattiva politica, anzi, dicer il ministro. E per ribadire il principio si introduce accanto all’informazione anche l’esame congiunto di determinate materie. E comunque, massimo rigore nell’accesso al pubblico impiego, applicando l’art. 97 della Costituzione che lo subordina al superamento di pubblici concorsi fatti salvi i casi previsti dalle leggi; mobilità intercompartimentale nei casi di esuberi e ristrutturazioni, previa formazione alle nuove professionalità dei lavoratori coinvolti; accesso il più ampio possibile dei cittadini della Comunità europea ai pubblici uffici, superando antistorici vincoli di residenza, tanto cari a chi ha negativamente condizionato le politiche di accesso al lavoro e di mobilità anche nella scuola. L’accordo ribadisce anche che la forma ordinaria di contratto di lavoro è quella a tempo indeterminato, fatte salve le specificità come quelle della scuola per esigenze temporanee o eccezionali, e prevede l’introduzione, tutta da studiare almeno in Italia, del contratto di lavoro che tende alla stabilità (tenure-track), a metà strada tra le due forme tradizionali di contratto. E, infine, una revisione del modello di valutazione voluto da Brunetta in tre fasce, e non ancora introdotto almeno a livello di istruzione pubblica, nuovo modello che dovrà essere legato alla buona qualità del servizio erogato ai cittadini, oltre che alla diligenza del lavoratore. Ora il prossimo appuntamento della sfida Brunetta-patroni Griffi è in parlamento che dovrà approvare la legge delega.


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