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Grilli: sui pagamenti soluzione pronta
Passera: a rischio la tenuta sociale - Regina: restrizione del credito insopportabile

Il Governo accelera sui debiti della Pa. Presto, forse già la prossima settimana, sarà pronto il decreto sulla certificazione dei crediti con la pubblica amministrazione, che varerà «un processo di semplificazione» che sarà anche «la base per una compensazione tra crediti e debiti iscritti a ruolo». L’annuncio ieri da parte del viceministro dell’Economia, Vittorio Grilli, dinanzi agli imprenditori riuniti a Roma per l’assemblea generale di Unindustria cui ha partecipato anche il presidente designato di Confindustria Giorgio Squinzi. Un passo avanti importante (si veda l’articolo in pagina 5) per ridare ossigeno al sistema imprenditoriale nel «momento più difficile per il Paese» come sottolineato anche dal ministro dello Sviluppo: «La tenuta economica e sociale del Paese è a rischio» ha avvertito Passera, messa a dura prova dal disagio diffuso legato alla mancanza di lavoro.
Davanti agli industriali romani, Grilli ha ribadito che «il pareggio di bilancio sarà strutturale già dal 2013», una sfida, quella della finanza pubblica, «non ancora completamente vinta». A cominciare dal «dimagrimento» della Pa, per farla «più piccola ma efficace». Processo che sarà «faticoso», ma che deve avanzare «senza se e senza ma». Nessuna marcia indietro «sul rigore sui conti pubblici» e sull’ipotesi di rinegoziazione dei target di finanza pubblica avanzata dal leader del Pd, Pier Luigi Bersani: «i nostri target – ha chiarito Grilli – sono quelli inseriti nel programma di stabilità».
Questioni, insieme all’emergenza credito, affrontate anche dalla relazione del presidente di Unindustria Aurelio Regina. «La restrizione del credito per le imprese non è più sopportabile – ha detto Regina – non è solo un freno alla ripresa ma sta diventando questione di vita o di morte per le imprese, per il lavoro, per gli imprenditori». Prestiti alle aziende in frenata, costi del credito troppo alti e ritardati pagamenti «stanno stritolando il tessuto produttivo». Nel corso della sua relazione al Gran Teatro di Roma il presidente di Unindustria si è rivolto al Governo per chiedere di sbloccare risorse per 331 opere rimaste ferme – «i cantieri devono partire immediatamente» sottolinea Regina – e di riaprire il capitolo liberalizzazioni e privatizzazioni «finora toccato con troppa timidezza». Poi l’invito a destinare i risparmi della spending review alla riduzione delle tasse per lavoratori e imprese, rafforzare la lotta alla corruzione pubblica «che ci costa 60miliardi di euro l’anno» e la scelta netta «di ridurre almeno del 50% il finanziamento pubblico ai partiti».
Sui debiti della Pa, la proposta al Governo «di usare la Cassa depositi e prestiti per garantire pro soluto e non pro solvendo, lo sconto bancario alle imprese dell’intero ammontare dei debiti commerciali» e «usare lo stesso strumento per compensare subito i crediti fiscali». Una sferzata di liquidità capace di impedire fallimenti e rilanciare la crescita. Un tema ripreso anche dal ministro Passera. «Per smaltire l’accumulato» di debiti che la Pa vanta nei confronti delle imprese «si potrà intervenire forse fino a 60 miliardi» ha spiegato il titolare dello Sviluppo; l’importante, ha detto, è che tale processo avvenga tenendo presente «gli obiettivi di finanza pubblica».
Ma l’emergenza vera resta il lavoro. Passera ha avvertito che il disagio «è più ampio di quello che le statistiche dicono»: mettendo insieme disoccupati, inoccupati, sottoccupati e sospesi «arriviamo forse a 7 milioni di persone» e «se moltiplichiamo per i familiari arriviamo alla metà della società». Per questo non sono a rischio «solo i consumi e gli investimenti ma anche la tenuta economica e sociale» ha spiegato il ministro, che comunque rassicura: fortunatamente abbiamo una società forte e una coesione sociale altrettanto forte. Ma per evitare effetti negativi, per garantire occupazione e mantenere la coesione sociale è fondamentale riavviare la crescita e «il Paese ha tutti i numeri per farcela». Una priorità sulla quale Passera bacchetta anche l’Europa, che non deve limitarsi a parlare di crescita, ma deve «farla».


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