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Agenda digitale, prova della verità
Pubblica amministrazione. Per colmare il divario rispetto agli altri Paesi Ue il Governo ha istituito da marzo una cabina di regia

Nel corso di questo 2012, l’agenda digitale è entrata nell’agenda del Governo italiano. Le priorità affermate dalla Commissione europea sono diventate le priorità dell’amministrazione del nostro paese. E il nostro ritardo, su quasi tutti gli indicatori che riguardano lo stato di avanzamento digitale dei Paesi europei, registrato dalla Commissione, è così diventato un problema da risolvere, puntando su un approccio innovativo: non aspettare che si manifesti la domanda di connessione e di servizi internet, ma agire per stanarla e alimentarla.
Solo l’anno scorso, il Censis ha osservato come per la prima volta la maggioranza degli italiani sia online. E proprio l’anno scorso, in occasione dei quattro referendum, l’informazione in rete ha avuto un ruolo decisivo per una scelta politica di livello nazionale. Ma, nelle stanze del Governo, è ormai divenuto chiaro che non è una buona idea attendere che la domanda motivi in tutto e per tutto un adeguamento delle infrastrutture e dell’offerta di servizi pubblici in rete: occorre accelerare. Perché in questo contesto l’offerta crea la domanda. Perché l’offerta di servizi e infrastrutture digitali genera le condizioni culturali, imprenditoriali e organizzative per dare corpo a una domanda che altrimenti resta confinata nei libri dei sogni.
Il convegno di apertura del Forum Pa, che si terrà alla Nuova Fiera di Roma da oggi a sabato, dimostra questa sensibilità del Governo. Sarà presente il presidente del Consiglio insieme a quattro ministri. L’amministrazione ha del resto costituito da tempo una cabina di regia per gestire le grandi priorità: dalla disponibilità di accesso in banda larga nel paese alla modernizzazione dei servizi pubblici su internet e alla progettualità connessa alla vita sociale. «Sappiamo quanto lavori la cabina di regia – dice Gianni Dominici, direttore generale del Forum PA – Ma speriamo che prima dell’estate venga pubblicato un progetto-Paese».
Dominici non pensa a un grande trattato sulla rete e il futuro, ma un vero e proprio impegno concreto: «Un progetto operativo, con tre priorità concretamente realizzabili, nel quadro di una strategia generale che riguardi la banda larga, il cloud computing e le smart cities. Si potrebbe cominciare con misure chiare e forti che sostengano per esempio gli open data, o che servano a una razionalizzazione dei data center: nel Regno Unito hanno fatto un censimento dei grandi centri di elaborazione dati delle varie autorità pubbliche e hanno trovato il modo di ridurne il numero da 300 a 3, ottenendo grandi risparmi e molta efficienza. Nel frattempo, occorre una decisione forte per le aziende che rischiano conseguenze drammatiche se la pubblica amministrazione non sblocca i pagamenti».
Il Governo è ben consapevole di queste esigenze ineludibili. Il consenso intorno alle stime dell’Itu sulla correlazione tra l’avanzamento della banda larga in un Paese e l’accelerazione della sua crescita economica è piuttosto diffuso: un 10% di persone che accedono in più equivale probabilmente a un 1% di crescita in più. E altrettanto si può dire delle stime proposte da varie società di analisi e consulenza, come McKinsey, secondo le quali per ogni posto di lavoro perduto a causa della maggiore efficienza introdotta dalle tecnologie digitali di rete se ne creano quasi tre di nuovi. Ovviamente, non si può non vedere che questo vale soprattutto per posti di lavoro adatti ai giovani, la cui difficoltà a intraprendere un percorso lavorativo, oggi, è un’urgenza che assume dimensioni di vera e propria drammaticità.
La digitalizzazione, in effetti, è soprattutto una riprogettazione dei processi, delle relazioni tra funzioni, delle organizzazioni della vita pubblica e delle attività private. E come tale consente di rivedere le abitudini e di correggere le inefficienze che si sono sedimentate in lunghi periodi di gestione tattica e poco strategica della cosa pubblica. Se c’è un valore, infatti, nella concezione dell’agenda digitale è proprio quello di introdurre una cultura della gestione pubblica orientata al medio termine, fondata su azioni strutturali, basata sulla convinzione che la pubblica amministrazione e il territorio siano di fatto delle piattaforme sulle quali si sviluppano o si bloccano le attività innovative: la modernizzazione di quelle piattaforme è la premessa di un superamento di alcuni vincoli fondamentali del sistema che limitano la crescita, la produttività e la competività. Ma proprio per il carattere strutturale di una tale modernizzazione, le decisioni da operare non si esauriscono in una raffica di decreti, ma si devono appunto sviluppare intorno a un’agenda, una roadmap che impegni non solo il presente Governo ma anche i successivi. L’introduzione di una visione coerente orientata al lungo termine sarebbe, in questo senso, la migliore e più importante innovazione che la discussione sull’agenda digitale potrebbe introdurre nelle abitudini e nelle pratiche dell’amministrazione italiana.


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