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Il patto di stabilità paralizza 11 miliardi di debiti dei comuni
A inizio 2012 i pagamenti sono crollati del 10%

Prima il blocco dei pagamenti, poi il crollo tout court degli investimenti comunali.
È il doppio effetto del Patto di stabilità sui conti dei Comuni che, secondo un’indagine Ifel che sarà presentata oggi nel primo dei due giorni del Convegno nazionale di Frascati (Roma) sui conti locali blocca oggi nei bilanci dei sindaci 11 miliardi di euro. Si tratta dei «residui passivi», cioè delle risorse che sarebbero disponibili ai Comuni per i pagamenti delle spese di investimento (opere pubbliche in primis) ma che non possono uscire dalle casse per non sforare il Patto di stabilità: il 40% abbondante di questi fondi si concentra nei Comuni di Lombardia (3,1 miliardi) e Veneto (1,3 miliardi), ma anche nelle regioni meridionali, dove il tessuto imprenditoriale è più rarefatto ma spesso anche più dipendente dal committente pubblico, sono 2,8 i miliardi costretti a dormire in cassa.
La montagna delle risorse congelate, che blocca la liquidità delle imprese nei settori più attivi con la Pubblica amministrazione come quello delle costruzioni, continua inoltre a essere alimentata perché, sempre secondo l’indagine dell’Istituto per la finanza e l’economia locale dell’Anci, gli impegni di spesa in conto capitale superano in media dell’8% le capacità lasciate alla cassa dal Patto di stabilità. Il tutto mentre il Siope, il sistema telematico del ministero dell’Economia che monitora i flussi di cassa degli enti pubblici, mostra bene i risultati finali dell’effetto-spirale innescato sulle dinamiche della finanza pubblica locale. Nei primi tre mesi del 2012, che peraltro sono i meno critici perché i problemi si intensificano progressivamente nel corso dell’anno, i Comuni hanno effettuato pagamenti per 3,2 miliardi di euro, con un crollo del 10% rispetto allo stesso periodo dell’anno prima quando già i flussi di risorse in uscita dagli enti locali avevano raggiunto livelli minimi: in tutto il 2011, infatti, i pagamenti dei sindaci si erano fermati sotto quota 13,8 miliardi, con una flessione del 19% rispetto ai livelli di 2008 e 2009. La frenata dei pagamenti si intensifica mentre si prosciuga anche la base rappresentata dagli investimenti locali, con una dinamica che moltiplica i rischi di un assottigliamento di lungo periodo negli scambi fra imprese ed enti pubblici locali. Tra 2007 e 2011, spiega l’Ifel, il Patto di stabilità ha lasciato praticamente inalterati i livelli di spesa corrente (stipendi, servizi sociali, istruzione e così via), ma ha abbattuto del 33% il tasso medio di investimenti locali, con una parabola che si ripresenta quasi inalterata in tutte le aree del Paese.
In questo quadro, tecnicamente sindaci e imprese sono controparti, ma nei fatti si sta stringendo un’alleanza (si veda Il Sole 24 Ore di ieri) che guarda con qualche perplessità anche agli ultimi interventi realizzati con la legge di conversione del decreto fiscale. La cessione dei crediti con i meccanismi del pro solvendo, infatti, mantiene in capo all’impresa i rischi di insolvenza della Pubblica amministrazione, mentre il restyling operato al «blocca-cassa», che ora impone di pagare all’impresa che ha pendenze con il Fisco le somme che eccedono il suo debito fiscale, in pratica non cambia nulla rispetto alla disciplina precedente.


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