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Discariche a rischio tra bocciature Ue e «comitati locali»
La Commissione ha avviato procedure di infrazione per oltre 100 siti

Differenziata distante dalla media Ue. E discariche in esaurimento. Un mix esplosivo che fa tremare i polsi agli amministratori locali, soprattutto del centro-sud, spesso costretti ad ampliare vecchi siti o a cercarne nuovi, che nessuno vuole vicino casa. Non c’è solo il recente caso romano del sito di Corcolle, bocciato peraltro dallo stesso governo. Nel 2011, il database del Nimby Forum, che censisce le opere pubbliche contestate, individuava 23 progetti di discariche in Italia (tra ampliamenti, riapertura di vecchi siti e nuove aree) che hanno generato l’opposizione delle comunità locali.
A oggi, le situazioni più intricate sono in Campania, a Peccioli (in provincia di Pisa) e a Malagrotta (a Roma, si veda pezzo a destra). «In Campania non siamo nella fase acuta dell’emergenza, ma neanche possiamo dire che ne siamo totalmente fuori», dice Michele Buonomo, presidente Legambiente Campania. Con la chiusura delle discariche di Chiaiano e Terzigno (la prima sotto indagine della magistratura, la seconda per raggiunti limiti), ora parte dei rifiuti di Napoli è spedita in altre regioni (soprattutto Puglia e Toscana) e in Olanda (dove è previsto l’invio di 250mila tonnellate in due anni). Per questo urge trovare una nuova discarica. Ma quando è cominciata a circolare l’opzione di Castagnaro, tra Pozzuoli e Quarto, subito sono scoppiate le proteste.
Diversa la situazione a Peccioli. La società che la gestisce, la Belvedere, ha ottenuto l’ok dalla Provincia per un ampliamento di 4,5 milioni di metri cubi, che vanno ad aggiungersi al milione dell’attuale gestione, il che vuol dire la capacità di ospitare altri 6-7 milioni di tonnellate di rifiuti. È in corso l’allestimento del cantiere. «Siamo nettamente contrari – spiega Fausto Ferruzza, presidente Legambiente Toscana –. Con l’ampliamento si abbassa il costo di conferimento unitario. Questo disincentiva la riduzione dei rifiuti e la raccolta differenziata spinta». La replica di Renzo Macelloni, presidente della Belvedere Spa: «Lo sviluppo della differenziata procede in parallelo con le discariche. In Toscana ci sono 22 siti, l’obiettivo è raggiungere una maggiore efficienza con 2-3 grandi discariche controllate».
In Italia la discarica continua a essere uno degli strumenti più utilizzati per la gestione dei rifiuti, spesso per via dei più bassi costi di smaltimento. Malgrado le direttive Ue vadano in direzione opposta. E ne prevedano un uso residuale. Dopo tutta una serie di azioni preventive, basate sulla riduzione e sul recupero a valle della raccolta differenziata. Secondo gli ultimi dati Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), che saranno presentati questa settimana, nel 2010 sono finiti in discarica 15 milioni di rifiuti urbani. Una quantità enorme (sia pure in calo del 3,4% rispetto al 2009) che rappresenta il 46% del totale dei rifiuti prodotti (contro il 38% della media Ue – dati Eurostat). Con una concentrazione maggiore al Sud (6,8 milioni di tonnellate, pari al 45,5%) e una più ridotta al Centro (4,5 milioni, il 30%) e al Nord (3,7 milioni, pari al 24,5%). A livello regionale la Lombardia registra uno degli impatti minori sul territorio, con 381mila tonnellate di rifiuti smaltiti in discarica. I volumi maggiori si registrano invece nel Lazio (2,5 milioni di tonnellate in discarica nel 2010) e in Sicilia (2,4 milioni di tonnellate). Anche se va precisato che una parte dei rifiuti (quella trattata negli impianti di selezione e biostabilizzazione) può varcare i confini regionali ed essere smaltita in una regione diversa da quella di origine.
Esiste poi un serio problema di mancato adeguamento alla direttiva Ue (la 199/31/CE, la cosiddetta direttiva discariche), finalizzata a minimizzare gli impatti nocivi su salute e ambiente. Secondo l’Ispra solo un terzo dei rifiuti smaltiti in discarica in Italia viene trattato preventivamente. Eppure il pretrattamento è fondamentale per evitare rischi di inquinamento del suolo e delle acque. Non a caso la commissione Ue nel giugno 2011 ha inviato alle autorità italiane una lettera per il mancato trattamento dei rifiuti nella megadiscarica di Malagrotta (dove nel 2011 sono state stoccate senza pretrattamento 966mila tonnellate di rifiuti romani). Alla quale ha fatto seguito quattro giorni fa un secondo avvertimento formale a «conformarsi entro due mesi» alle norme Ue. Altrimenti scatterà il deferimento alla Corte di Giustizia europea. Sullo sfondo il rischio di multe salate.
Non solo. Il mancato adeguamento alle direttiva Ue ha provocato lo scorso febbraio l’apertura di una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per altre 102 discariche sparse sul territorio. Siti sprovvisti a vario titolo del piano di riassetto previsto dalla direttiva discariche della Ue, che impone misure stringenti in materia di impermeabilizzazione, barriera geologica, trattamento del percolato e gestione del biogas. La replica del Governo, datata 11 marzo, è oggetto di valutazione da parte del commissario all’ambiente Janez Potocniz.
Va registrato ad ogni modo che nel 2010 (dati Ispra) in Italia erano attive 211 discariche per rifiuti urbani, 18 in meno del 2009. Dall’entrata in vigore del decreto legislativo 36/2003, che ha recepito (in ritardo) i requisiti Ue, hanno chiuso i battenti 263 discariche, l’82% al Sud.


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