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Aliquota light sulle cascine
I fabbricati rurali «oggettivamente» strumentali pagano lo 0,2%

I proprietari di fabbricati rurali devono valutare attentamente la natura e la potenziale destinazione dei loro immobili prima di procedere al pagamento della prima rata dell’imposta municipale. Infatti, la qualificazione dei fabbricati rurali ha risvolti sia sull’obbligo del versamento della prima rata dell’Imu che sull’aliquota dell’imposta.
Se le costruzioni sono rurali (sia abitazioni che fabbricati strumentali) e risultano iscritte ancora nel catasto terreni, nulla deve essere versato alla scadenza di giugno e l’imposta sarà pagata in una unica soluzione entro il 17 dicembre, dopo che entro il 30 novembre questi immobili saranno iscritti nel catasto fabbricati (si veda l’articolo in basso); se invece queste costruzioni non hanno i requisiti di ruralità scatta l’obbligo del versamento della prima rata come per tutti gli altri immobili.
Per le costruzioni rurali già iscritte nel catasto fabbricati, invece, occorre distinguere quelle a destinazione abitativa (per le quali le modalità per il versamento dell’Imu sono identiche agli altri immobili), da quelle strumentali (comprese le abitazioni dei dipendenti con più di 100 giornate lavorative annue) per le quali invece la prima rata dell’Imu è rapportata al 30% del totale annuo, calcolato secondo le aliquote statali.
Inoltre, la qualificazione di fabbricato rurale strumentale determina l’aliquota di imposta che è pari allo 0,2% al posto dello 0,76% ordinario. Si ricorda che l’articolo 13, comma 14-bis, del Dl 201/2011 prevede l’emanazione di un decreto ministeriale che definisce le modalità di inserimento del requisito di ruralità negli atti catastali.
Le abitazioni rurali non hanno particolari benefici. Soltanto quelle effettivamente utilizzate dai dipendenti a tempo indeterminato o a tempo determinato con un numero di giornate lavorative annue superiore a 100 sono considerate strumentali e pertanto scontano l’imposta con la aliquota dello 0,2% (la base imponibile si determina tuttavia con il coefficiente 160 e non 60).
Le altre abitazioni rurali scontano l’Imu con la aliquota dello 0,76% anche se non sono utilizzate: quindi sia le abitazioni sfitte che quelle abitate dai familiari o al limite affittate a terzi (queste ultime quindi non sono rurali) assolvono l’imposta con l’aliquota dello 0,76 per cento. Invece l’abitazione utilizzata dal proprietario in cui egli abbia la residenza anagrafica e la dimora abitale usufruisce del l’aliquota dello 0,4%, della detrazione di 200 euro oltre a 50 euro per ogni figlio convivente con meno di 26 anni. In questo caso, inoltre, il versamento può essere eseguito in tre rate.
La circolare 3/DF/2012 stabilisce che la qualifica di fabbricato rurale prescinde dalla categoria attribuita dal catasto.
Si tratta di una precisazione in controtendenza con quanto fin qui affermato dalla Corte di cassazione – e condiviso dai Comuni – in materia di Ici, secondo cui la ruralità dipendeva esclusivamente dalla appartenenza alla categoria catastale D/10. Secondo l’orientamento ministeriale, sposato anche dall’agenzia del Territorio (si veda l’audizione del direttore al Senato, 21 marzo 2012), per l’imposta municipale occorre fare riferimento alla natura delle costruzioni rurali e alla loro funzione strumentale alle attività agricole di cui all’articolo 21325 del Codice civile. In sostanza si deve trattare di costruzioni destinate al ricovero degli animali, alla conservazione dei prodotti agricoli, alla custodia delle macchine agricole, e così via.
Queste costruzioni possono essere accatastate anche in categorie diverse dalla D/10 (ad esempio uffici in A/10 e impianti fotovoltaici in D/1), ma comunque si considerano rurali. È auspicabile, a questo punto, che il nuovo orientamento venga seguito anche dai Comuni, e che non venga avviata una defatigante attività di contenzioso con i contribuenti.
Va infine ricordato che i fabbricati strumentali situati in zone montane o parzialmente montane, in base agli elenchi Istat, sono esenti da Imu.


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