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Requisiti rigidi per fruire del trattamento agevolato

Requisiti rigidi per fruire del trattamento agevolato sugli immobili destinati ad abitazione principale. Occorre infatti che i componenti del nucleo familiare abbiano fissato nell’immobile la residenza anagrafica e la dimora abituale. Il rispetto di queste regole è imposto anche ai figli che studiano in un’altra città, lontano da casa, perché pur mantenendo la residenza familiare, di fatto non lo utilizzano come dimora abituale. I comuni hanno però il potere di ampliare i benefici previsti per la prima casa aumentando l’importo della detrazione o riducendo l’aliquota base. L’agevolazione, inoltre, può essere estesa agli immobili posseduti da anziani o disabili che hanno fissato la residenza in istituti di ricovero e cura e dai residenti all’estero, a condizione che non risultino locati.
L’articolo 13 del dl Monti (201/2011) ha fornito una nuova qualificazione giuridica della nozione di abitazione principale, prevedendo che si intende come tale l’unità immobiliare nella quale il contribuente e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente. Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano stabilito la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel territorio comunale, le agevolazioni per l’abitazione principale e le relative pertinenze si applicano per un solo immobile. Per pertinenze dell’abitazione principale si intendono esclusivamente quelle classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, nella misura massima di un’unità pertinenziale per ciascuna delle suddette categorie catastali, anche se iscritte in catasto unitamente all’immobile adibito ad abitazione. Per queste unità immobiliari è prevista l’applicazione di una aliquota ridotta del 4 per mille, che i comuni possono aumentare o diminuire di 2 punti percentuali, e una detrazione di 200 euro, che può essere maggiorata di 50 euro per ogni figlio che risieda anagraficamente e dimori abitualmente nell’immobile, fino a un massimo di 400 euro, al netto della detrazione ordinaria. A condizione che il figlio non abbia compiuto i 26 anni d’età. Un problema dibattuto è proprio quello che riguarda l’ulteriore detrazione (50 euro) che la norma riconosce anche nei casi in cui il figlio non risulti a carico dei genitori. Per avere diritto all’ulteriore detrazione, occorre però che coesistano residenza anagrafica e dimora abituale nell’immobile. Condizione che spesso non si avvera se il figlio, per motivi di studio, sia fuori sede, nonostante mantenga la residenza anagrafica nell’immobile. Mancando uno dei requisiti fissati dalla norma, è evidente che non può avere diritto al bonus. I comuni possono estendere o ampliare i benefici per la prima casa. Non scontano l’Imu come seconda casa gli immobili posseduti da anziani o disabili e residenti all’estero se il comune li assimila all’abitazione principale. L’articolo 13 prevede che il trattamento agevolato possa essere concesso per le unità immobiliari possedute, a titolo di proprietà o usufrutto, da anziani o disabili che spostano la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, nonché per quelle possedute, a titolo di proprietà o usufrutto, in Italia dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello stato, a condizione che non risultino locate. Peraltro è opportuno che venga fatta questa scelta, perché l’intero gettito che deriva da questi immobili va integralmente ai comuni. Considerato che l’imposta sulle abitazioni principali non va versata allo stato, questa regola vale anche per gli immobili assimilati.
Ai comuni è poi riservato il potere di maggiorare la detrazione o di ridurre l’aliquota. Pur non potendo concedere esenzioni, possono di fatto azzerare il pagamento, per categorie di contribuenti particolarmente deboli e ritenute meritevoli di tutela, aumentando la detrazione fino a concorrenza dell’imposta dovuta. Inoltre, l’aliquota di base può essere ridotta dal 4 al 2 per mille. Nulla impedisce agli enti locali di operare una diminuzione dell’aliquota base (4 per mille) qualora ricorrano determinate condizioni di difficoltà economiche dei contribuenti, specialmente se per l’acquisto dell’immobile abbiano dovuto fare ricorso a un mutuo. È quello che ha fatto il comune di Pescara, con norma regolamentare, che per i nuclei familiari composti da almeno due persone che abbiano contratto un mutuo ipotecario per l’acquisto dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale, censita esclusivamente in una delle categorie catastali da A/2 ad A/5, e relative pertinenze, ha deliberato un’aliquota ridotta (3 per mille) rispetto a quella base. A patto che i componenti del nucleo familiare non possiedano nel territorio nazionale altre unità immobiliari e abbiano un reddito complessivo annuo, al lordo degli oneri deducibili, non superiore a 30 mila euro.


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