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Mini-enti, matrimoni senza strappi
Le novità del prossimo dl sull'associazionismo che darà anche il via alle città metropolitane

Unioni facoltative nei comuni fino a mille abitanti e via libera dopo oltre 20 anni di attesa all’istituzione delle città metropolitane. La strada verso l’esercizio associato di tutte le funzioni e i servizi pubblici tracciata dall’art.16 della manovra di Ferragosto 2011 (che secondo molti avrebbe realizzato una fusione di fatto dei piccoli centri) diventa meno vincolante. La micro-unione infatti sarà solo un’opzione per gli enti fino a 1.000 abitanti. Un’opzione che si affianca alle altre forme associative previste dal Testo unico enti locali, ossia la convenzione e l’unione, per così dire, «tradizionale» nella quale i comuni si mettono insieme mantenendo la propria individualità gestionale. I nuovi enti dovranno avere almeno 5.000 abitanti (3.000 nelle zone montane) ma le regioni potranno stabilire limiti demografici diversi, anche inferiori. Per i comuni tra 1.000 e 5.000 abitanti l’obbligo di esercizio delle funzioni in forma associata, che sarebbe dovuto scattare dal prossimo 30 settembre per almeno due funzioni su sei, slitterà ancora. Gli enti dovranno svolgerne insieme tre entro il 1° gennaio 2013 e altre tre entro il 1° gennaio 2014. Sono queste le principali novità del decreto legge sull’associazionismo comunale che il governo porterà nei prossimi giorni sul tavolo del consiglio dei ministri.
L’esecutivo ha preso un impegno preciso con l’Anci in tal senso (si veda a fianco l’intervista al presidente Graziano Delrio) nell’incontro di lunedì a palazzo Chigi. L’utilizzo della decretazione d’urgenza, del resto, è imposto dalla necessità di far presto. Lo slittamento di nove mesi della marcia forzata verso l’associazionismo (disposto dal decreto milleproroghe) sta infatti per esaurirsi a fine settembre e i piccoli comuni necessitano subito di un quadro normativo chiaro. Tale non può essere certamente considerato quello attuale in cui le regole del dl 138/2011 si sovrappongono a quelle (art. 14, commi 25-31) del dl 78/2010 generando confusione. Per questo il governo Monti ha abbandonato l’idea di disciplinare la materia all’interno della Carta delle autonomie ferma da anni al senato e con scarse chance di approvazione in tempi brevi. Le nuove norme sui piccoli comuni (inserite come emendamenti alla Carta dai relatori Enzo Bianco e Andrea Pastore) sono state stralciate assieme a quelle sulle città metropolitane. Confluiranno tutte nel decreto legge «di rapidissima emanazione» che consentirà il varo dei nuovi 10 macro-enti (Bari, Bologna, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Torino, Reggio Calabria, Roma e Venezia) che porteranno alla scomparsa delle rispettive province. In attesa che il decreto prenda forma, le novità in arrivo non dispiacciono agli operatori. «E’ una soluzione ragionevole che supera una situazione di impasse. Viene stabilita una disciplina delle unioni uniforme e rispettosa dell’autonomia degli enti», ha commentato a ItaliaOggi Maurizio Delfino, esperto di finanza locale e consulente di molti piccoli comuni.

LE UNIONI DI COMUNI
di Francesco Raphael Frieri,
Luciano Gallo, Marco Mordenti

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