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Nel pacchetto emendamenti auto elettrica e reti di impresa
Decreto sviluppo. Oggi il vaglio di ammissibilità delle 1.900 proposte di modifica

Un assalto destinato ad essere, almeno in parte, rintuzzato. I faldoni con 1.901 emendamenti al decreto sviluppo sono una miscela eterogenea di proposte, molte destinate a cadere già oggi dopo il vaglio di ammissibilità delle commissioni Finanze e Attività produttive della Camera. A rischio non c’è solo il pacchetto sulla riforma lavoro (si veda l’articolo a pagina 19), ma anche una lunga serie di correttivi su temi disparati che potrebbero essere giudicati estranei alla materia centrale del decreto. Senza contare i rilievi sulle coperture che cadranno pesantemente su una grande mole di proposte. Insomma, i 1.901 emendamenti hanno al momento un peso relativo anche se non mancano alcune indicazioni preziose.
C’è già un asse trasversale – Pdl, Pd, Terzo Polo – per inserire nel decreto il piano volto a favorire la diffusione dell’auto elettrica attualmente contenuto in una proposta di legge ancora al palo. Ha un mix di firme di Pdl, Udc e Lega – tra le quali quelle dell’ex ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani – ma poche speranze di andare avanti, in assenza di risorse, la proposta per estendere anche «all’acquisto, montaggio e installazione di mobili fissi» per l’arredo le agevolazioni fiscali per l’efficienza energetica degli immobili.
Dal gruppo Pd arriva invece la proposta di estendere il sistema dei project bond anche alle reti di impresa orientate a progetti di innovazione e internazionalizzazione. «Contiamo di superare eventuali perplessità di natura giuridica legate all’assetto delle reti» dice il deputato Andrea Lulli.
Nei faldoni degli emendamenti c’è spazio per la riproposizione di misure che erano presenti nelle prime versioni del decreto ma sono poi state stralciate, come il credito di imposta per gli investimenti in ricerca e l’esenzione Imu sull’invenduto a favore dei costruttori. Fitto anche il capitolo energetico. In questo campo, Stefano Saglia (Pdl) ha presentato proposte per agevolare il settore minerario e per estendere all’industria della produzione dell’energia elettrica la partecipazione alle nuove infrastrutture di stoccaggio di gas naturale. Spicca, soprattutto, la proposta di cancellare la riduzione della durata delle nuove concessioni idroelettriche dagli attuali 30 a 20 anni.
Tra i quasi 2mila emendamenti spunta anche l’esclusione delle società quotate in mercati regolamentati (e delle loro controllate) dagli obblighi di trasparenza online per le forniture, le consulenze e gli incentivi della Pa.
Ampio spazio al tema delle piccole e medie imprese, non solo con i contratti di rete e ulteriori operazioni di semplificazione burocratica, ma anche con la proposta di caratterizzare in modo più marcato il Fondo per la crescita sostenibile verso iniziative a favore dei “piccoli”.
Ad ogni modo, già oggi, con il vaglio di ammissibilità, si capirà in che misura il decreto potrà cambiare volto. Il nodo delle risorse e la difficoltà di finanziare nuove misure di spesa restano il vero convitato di pietra. Al ministero dello Sviluppo economico e delle Infrastrutture sono consapevoli della difficoltà di stravolgere il testo, considerando che le risorse che proverranno dalla spending review saranno impiegate per altri scopi come evitare l’immediato aumento dell’Iva e garantire il salvataggio degli “esodati”. Poco spazio, quindi, per gli interventi più audaci.

I correttivi

ENERGIA
Tra le proposte, anche quella di ridurre la durata delle nuove concessioni idroelettriche dagli attuali 30 a 20 anni. Si propongono agevolazioni per il settore minerario

INDUSTRIA
Dal gruppo Pd arriva la proposta di estendere il sistema dei project bond anche alle reti di impresa orientate a progetti di innovazione e internazionalizzazione


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