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Enti italiani già in rosso per 1,2 miliardi
L'impatto della finanza «creativa». La perdita potenziale

La prossima notizia giudiziaria sul rapporto tormentato fra swap ed enti locali potrebbe arrivare da Prato, dove il Gip del tribunale locale è chiamato a decidere sull’ipotesi di truffa aggravata ai danni del Comune da parte di Dexia Crediop. In attesa, però, ci sono anche Acqui Terme, dove la partita fra il Comune e Unicredit è in fase di udienza preliminare, mentre sul versante della giustizia amministrativa, da Firenze a Orvieto, da Camerino alla Provincia di Pisa, la lista degli amministratori che hanno acceso battaglie a colpi di carta bollata divise fra Tar italiani e le corti londinesi è infinita.
Il format, ormai, è standard, e non segue il canovaccio milanese dove la Procura è arrivata prima del Comune. Nella stragrande maggioranza degli altri casi, infatti, la miccia nasce dai “pentimenti” locali sui derivati firmati in passato, l’annullamento in autotutela degli atti con i conseguenti stop per i versamenti agli istituti di credito, che si ribellano e vanno per avvocati.
Passate la fase della passione per la finanza creativa e quella della stasi legata alle prime gelate con le condizioni in netto peggioramento per i bilanci locali, la tendenza alla chiusura anticipata dei contratti è diventata un’onda.
I numeri messi in fila dalla Banca D’Italia in occasione delle ultime «Considerazioni finali» del Governatore Ignazio Visco sono evidenti. I monitoraggi di Via Nazionale puntano i fari solo sugli swap siglati con istituti italiani e con mark to market negativo sopra i 30mila euro (soglia di rilevazione della Centrale rischi: fino al 2009 era a 75mila euro), ma ha il pregio del grado di aggiornamento. A marzo 2012, i contratti gravati da un «rosso» potenziale (il mark to market indica il guadagno/perdita teorico che l’ente avrebbe chiudendo il contratto) erano crollati a quota 2014, con una flessione del 56% rispetto al 2009, ma la perdita potenziale è arrivata a superare gli 1,2 miliardi di euro, con un incremento del 19 per cento nello stesso periodo. Un dato, quest’ultimo, che vale il 10,4% del nozionale complessivo, cioè del valore del debito locale “coperto” dai derivati, mentre nel 2009 lo stesso rapporto si attestava a quota 4,6 per cento. Qual è la morale?
I numeri indicano che la via di fuga dalla finanza “creativa” è trafficata, ed è affollata da amministratori locali che sono riusciti a chiudere i contratti spesso senza soffrire troppo (e in più di un caso, fino a pochi mesi fa, ricavandoci anche qualcosa); ma spesso non riesce a essere imboccata da chi ha in pancia contratti più grandi, portatori di rischi di passivi più elevati. Chiudere la partita in anticipo, in quei casi, assesterebbe un colpo durissimo ai bilanci locali: rimandare l’appuntamento con il verdetto, però, rischia di ingigantire ulteriormente il problema.


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