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Per Regioni ed enti locali tagli solo a tempo determinato
Corte costituzionale. La bocciatura impone di cambiare anche la spending review

Le strette finanziarie su regioni ed enti locali non possono essere «a tempo indeterminato». Per poter andare d’accordo con la Costituzione, tagli e obiettivi legati al Patto di stabilità devono imporre un «transitorio contenimento complessivo» della spesa, oltre ovviamente a non andare troppo nel dettaglio sugli «strumenti o modalità per il perseguimento degli obiettivi». Lo ha chiarito la Corte costituzionale nella sentenza 193/2012 depositata ieri, che ha accolto le obiezioni avanzate da due Regioni autonome (Friuli Venezia Giulia e Sardegna) alle manovre 2011, ma in realtà getta un macigno ben più ampio della portata. Per capirlo basta dare un’occhiata al decreto legge sulla revisione di spesa ora in discussione al Senato, dove si incontrano le stesse caratteristiche che hanno spinto la Consulta a colpire le manovre estive dello scorso anno. I giudici delle leggi hanno infatti cancellato, per illegittimità costituzionale, quattro parti della manovra di luglio, ritoccata poi ad agosto (siamo all’articolo 20, commi 4 e 5, del Dl 98/2011), che prevedevano tagli a Regioni ed enti locali «per gli anni 2014 e successivi» o «a decorrere dal 2013». L’obiezione, accolta dalla Corte, è stata mossa da Regioni a Statuto autonomo, ma i giudici sono andati oltre e «in via consequenziale» hanno sbianchettato per le stesse ragioni le sforbiciate a tempo indeterminato assestate ai bilanci delle Regioni a Statuto ordinario, delle Province e dei Comuni. Per sopravvivere all’esame costituzionale, di conseguenza, le norme che alleggeriscono i fondi o impongono di raggiungere saldi di bilancio negli enti territoriali devono portare una data di scadenza chiara. Sui saldi di finanza pubblica, la decisione dei giudici costituzionali non ha un effetto immediato, perché la censura ha colpito regole in calendario dal 2013 in poi. La sentenza, però, impone prima di tutto di correre al riparo nel decreto sulla revisione di spesa, perché anche nel nuovo provvedimento si incontrano tagliole che dopo una prima riduzione per l’anno in corso prevedono un conto ancora più salato «a decorrere dal 2013» (le norme in questione sono all’articolo 20 del Dl 95/2012). La formula, infatti, serve al legislatore per imporre riduzioni strutturali, a cui eventualmente aggiungere un conto aggiuntivo con provvedimenti successivi come avviene regolarmente in tempi di crescente emergenza finanziaria, ma questa tecnica va rivista in fretta per evitare pesanti incertezze successive. Nella stessa sentenza, la Corte dà anche una buona notizia al legislatore, respingendo il ricorso sollevato dalle due Regioni sull’obbligo di gestione associata delle funzioni nei Comuni piccoli. È un altro tema su cui sta intervenendo il decreto sulla revisione della spesa, e che può superare il vaglio costituzionale a patto che la sua applicazione nelle Regioni a Statuto autonomo continui a prevedere il rispetto dell’autonomia statutaria (come indicato all’articolo 16, comma 29 del Dl 138/2011).


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