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I sindaci avvisano: «Non rispettiamo il Patto di stabilità»
Amministratori locali. Le reazioni

«Il Patto di stabilità non è più onorabile, perché si fonda su entrate e spese, ma oggi le entrate non ci sono più».
Il presidente dell’Anci Graziano Delrio, al termine dell’ufficio di presidenza dell’associazione dei Comuni che ieri ha fatto il punto sulla revisione di spesa, sceglie la via più diretta per far conoscere il punto di vista dei Comuni sui rischi da spending review: un’uscita generalizzata dai vincoli di finanza pubblica, in grado di mettere in pericolo i saldi di bilancio del provvedimento che proprio sui conti locali fonda la parte determinante dei risparmi attesi. Gli amministratori locali si dicono anche «sorpresi» dall’adesione della Camera alla proposta del Governo di un esame veloce e senza modifiche del provvedimento, per arrivare presto al traguardo della «Gazzetta Ufficiale». Anche per questa ragione Delrio ha scritto ieri ai capigruppo della Camera per chiedere «un confronto nel merito» sul provvedimento di revisione di spesa, anche se è chiaro che la partita vera si giocherà da qui all’autunno, su un duplice fronte: la decisione sui criteri di distribuzione del nuovo taglio da 500 milioni al fondo sperimentale di riequilibrio, da individuare in Conferenza Stato Città entro il 30 settembre per evitare che scatti la tagliola automatica sulla base della spesa in «consumi intermedi» registrata nel 2011 dall’Economia; e la legge di stabilità, per rivedere quelli che i sindaci continuano a giudicare «tagli lineari». Ancora più allarmante per i Comuni, infatti, è la sforbiciata messa in calendario per il 2013, che vale altri due miliardi di euro.
Sul primo fronte, l’obiettivo principale delle amministrazioni locali è rivedere i parametri di distribuzione dei tagli, cercando di concentrare i risparmi su singole voci di spesa giudicate comprimibili con interventi centralizzati, dalle assicurazioni alle banche. La partita non è semplice anche perché l’analisi condotta dal commissario straordinario per la razionalizzazione della spesa pubblica Enrico Bondi (anticipati sul Sole 24 Ore del 30 luglio) attribuiscono ai Comuni il 60% dei 13,4 miliardi di «eccesso di spesa» rilevato fra enti territoriali e università. Solo nelle città con più di 100mila abitanti, secondo i numeri del supercommissario, si anniderebbero «sprechi» per 4,6 miliardi all’anno.
Le cifre sono il frutto di un’analisi statistica condotta con l’aiuto di Sose e Istat sui «consumi intermedi», dall’acquisto di carta e software alla manutenzione degli immobili – passando però anche per servizio rifiuti e trasporto pubblico – degli enti territoriali registrata nel 2011 dal Siope, il sistema telematico dell’Economia che monitora in tempo reale i flussi di cassa degli enti pubblici. Le spese di ogni ente sono state messe in rapporto con il numero di abitanti e di dipendenti, correggendo il tutto con alcune «variabili di contesto» come la collocazione geografica o i flussi turistici. Individuate in questo modo le medie, le spese che le superano sono considerate «inefficienti», e rappresentano nei Comuni il 23,4%, con un picco in Sardegna (tasso di inefficienza al 31,93%). Una sforbiciata profonda sulle inefficienze, spiega l’indagine, colpirebbe 1.851 Comuni mettendo nel mirino 1.498 milioni di euro, mentre alzando i parametri diminuirebbero ovviamente Comuni colpiti e risparmi.
Nell’analisi puramente statistica, in realtà, emergono dati curiosi, in base ai quali per esempio il Comune di Milano avrebbe una «spesa inefficiente» pari a 15 volte quella della Regione Campania, e l’analisi va parametrata anche sul plafond di uscite analizzate e sulle funzioni svolte dai diversi livelli di Governo. Gli amministratori locali, dal canto loro, chiedono di abbandonare il metodo, andando a colpire singole voci di costo da analizzare in base ai «fabbisogni standard», su cui lo stesso Bondi nei giorni scorsi ha richiamato l’esigenza di accelerare. La corda, comunque, è tesa, anche perché più di 2mila Comuni lamentano forti problemi di cassa dovuti anche al gettito dell’acconto Imu, inferiore al previsto. Il Viminale, al riguardo, ha accelerato i tempi per i conguagli sui trasferimenti, che in questi enti dovrebbero arrivare entro la prima metà di settembre (si veda anche pagina 27).


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