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Tasse locali, no a condoni a catena
Secondo la Corte di cassazione la limitazione riguarda le annualità successive al 2002

La Corte di cassazione, in una sua recente pronuncia (sentenza n. 12679 del 20 luglio 2012), ha negato la possibilità della concessione, da parte dei comuni, di sanatorie per i tributi di loro spettanza, nei confronti di contribuenti che ne avessero omesso il pagamento; ciò vale per i tributi riferibili agli anni successivi al 2002.
Questo è la sintesi a cui sono giunti i supremi giudici, escludendo nella premessa della citata sentenza n. 12679/2012, la fattibilità di tale sanatoria.
La questione su cui verteva il contenzioso riguardava l’imposta di pubblicità applicata dal comune di Roma, e per la parte che qui inerisce il tema citato, la possibilità di aderire alla definizione premiale in sanatoria, anche in presenza di contenziosi già instaurati.
In particolare si fa menzione di una delibera dell’ente comunale del 2009 in cui si concede tale possibilità, richiamando l’art. 13 del dl 289 del 27/12/2002: va specificato però che l’ambito di applicazione di tale disposizione legislativa era stato esteso dal comune anche ai tributi locali concernenti anni successivi all’entrata di vigore della norma in esame.
La sanatoria per i tributi locali, come è noto, inserita nella legge finanziaria dell’anno 2003, consentiva la possibilità di estendere le sanatorie e i condoni, previsti nella stesso decreto legge 289/2002 per le imposte dirette e indirette erariali, anche per quei tributi che altrimenti sarebbero stati esclusi.
Tale fattispecie, ricorda la Corte di cassazione nella sentenza qui in commento, era prevista dall’art. 13 comma 1, per i tributi propri delle regioni, province e comuni, intendendo con essi, (lo precisa il comma 3 dello stesso art. 13), i tributi «la cui titolarità sia integralmente attribuita ai predetti enti, con esclusione delle compartecipazioni ad addizionali a tributi erariali, nonché delle mere attribuzioni ad enti territoriali del gettito, totale o parziale, di tributi erariali».
Nello stesso tempo, come ricorda la sentenza in commento, tale possibilità era limitata, agevolando il pagamento tardivo dei tributi locali del contribuente, anche nell’ipotesi in cui «siano già in corso procedure di accertamento o procedimenti contenziosi in sede giurisdizionale», essendo comunque necessario, in tali ipotesi, addivenire alla presentazione di apposita istanza da parte del contribuente interessato e alla richiesta di sospensione del procedimento giurisdizionale in corso, «in qualunque stato e grado questo sia eventualmente pendente».
Il punto fondamentale del caso in esame risiede non tanto nella circostanza, data per certa dai supremi giudici, che doveva essere impiegato lo strumento della delibera per gli enti che avessero voluto estendere l’applicazione della sanatoria ai tributi locali di propria spettanza (come individuati dianzi anche attraverso il riferimento al comma 3 dell’art. 13), ma dal fatto che l’agevolazione in argomento doveva riferirsi a obblighi tributari precedenti all’entrata in vigore della legge in questione, cioè precedente al 1° gennaio 2003.
In altre parole, per consentire la validità della sanatoria, a quella data doveva già esistere, in riferimento a tali tributi locali, un contenzioso tributario pendente. Ecco la ragione per la quale, la delibera comunale di estensione di tali privilegi, emanata a distanza di quasi sette anni dall’entrata in vigore della norma, non può trovare alcuna applicazione essendo tale delibera, a giusto avviso dei giudici della Cassazione, palesemente illegittima. Questo principio ha una portata che va oltre al caso in esame, che si presenta del tutto specifico, estendendosi soprattutto a una applicazione al campo dei tributi locali oggi esistenti (basta pensare al caso della Imu).
Infatti la tesi della Cassazione ha applicazione solo per il passato (cioè per quei tributi riferibili solo precedentemente all’anno 2003); pertanto questo escluderebbe la possibilità di servirsi dell’art. 13 dl 289/2002, anche per attuare eventuali condoni successivi, magari in grado di sanare più anni consecutivi.
Quello che la sentenza non dice, ma che è ricavabile analogicamente, è proprio la portata specifica della norma invocata, che sembrerebbe non consentire l’adozione di delibere che giustifichino «condoni a catena». Infatti, sembrerebbe di comprendere dal contenuto della motivazione della sentenza, che l’applicabilità di tale art. 13, si riferisca solo ai condoni (ante 2003) previsti dal dl 289/2002: infatti la norma suddetta si trova nella sezione II, del tutto specifica, in cui sono elencate le numerose fattispecie di sanatorie previste nel provvedimento normativo.
Pertanto se un ente locale volesse estendere la possibilità di condonare annualità di tributi locali, successive al 2002, non sarebbe sufficiente l’adozione di una o più specifiche delibere, in quanto ad esse farebbe difetto la norma primaria che consenta tali sanatorie, con la conseguenza di far così divenire illegittime le relative deliberazioni del comune in quanto prive di legittimità giuridica perché affette da carenza di potere, in assenza di una apposita norma ad hoc.


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