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Tagli ai sindaci, intesa difficile
Enti locali. I Comuni: pronti 27 indicatori di efficienza, ma i risparmi vadano ad abbattere il debito

Il nodo delle compensazioni Imu ostacola la strada verso l’accordo da trovare entro il 30 settembre sulle modalità per distribuire fra i Comuni i tagli ulteriori da 500 milioni di euro chiesti per quest’anno dal decreto sulla revisione di spesa, ma nel frattempo i tecnici lavorano sui parametri collegati ai fabbisogni standard.
Il rischio concreto è che, con un nulla di fatto in Conferenza Stato-Città, il mezzo miliardo venga chiesto a ogni sindaco in proporzione ai «consumi intermedi» registrati dal Siope per il 2011, con un parametro contestatissimo dagli amministratori perché comprende anche i contratti di servizio per trasporto e rifiuti, è influenzato dai flussi di cassa (il sistema dell’Economia misura i pagamenti effettivi) e penalizza chi ha esternalizzato attività anche se spende meno di chi ha compiuto scelte diverse.
I tecnici dell’Ifel stanno lavorando a un pacchetto di indicatori basati sul metodo dei fabbisogni standard, con lo scopo di puntare l’attenzione solo sugli acquisti di beni (5,6 miliardi di euro all’anno), cioè gli effettivi «consumi intermedi», evitando di colpire anche servizi come accadrebbe utilizzando il Siope. Il meccanismo, in base alle analisi presentate ieri a Firenze al XII meeting formativo sulla finanza locale organizzato da Anci Toscana, già oggi permetterebbe di misurare 27 indicatori, dai costi di affitto ed energia per metro quadrato delle sedi ai costi postali per ogni invio e agli oneri sostenuti per l’illuminazione pubblica, e lo scopo è quello di misurare i prezzi dei beni pagati dai Comuni per ogni acquisto. Su queste basi, corrette in base a variabili come la classe demografica e la localizzazione geografica, è possibile individuare le amministrazioni più efficienti, che possono essere utilizzate come benchmark da applicare a tutti gli altri enti. I risparmi così ottenuti, secondo gli amministratori locali, andrebbero vincolati all’abbattimento del debito locale, ottenendo anche l’effetto aggiuntivo dell’abbassamento della spesa corrente negli interessi passivi.
Costi e fabbisogni standard sono stati evocati dallo stesso commissario straordinario Enrico Bondi come il vero «redde rationem» della revisione di spesa, ma ad abbattere le possibilità di un accordo rimane il problema dell’Imu. Il «salva-Italia» (Dl 201/2011) introduce un taglio aggiuntivo ai fondi di riequilibrio per i Comuni che dall’Imu ottengono più che dall’Ici, ma secondo i sindaci le stime dell’Economia su cui si basa il meccanismo indicano un gettito Imu troppo alto. La revisione operata ad agosto, secondo l’Ifel, ha migliorato la situazione, ma rimangono situazioni molto critiche in 1.500 Comuni. In particolare, vengono contestati 1.055 milioni di «entrate incerte», legate soprattutto all’imposta sugli immobili dei Comuni (300 milioni, che i sindaci avrebbero dovuto pagare a se stessi) oltre che a ritardati pagamenti (255 milioni), case fantasma (240 milioni) e versamenti sospesi per il terremoto (189 milioni). Un mix di fattori che secondo Alessandro Cosimi, sindaco di Livorno e presidente di Anci Toscana, insieme al Patto di stabilità determina «un commissariamento di fatto dei Comuni».


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