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Sull'Imu è tempo di correzioni
Il ministero dell'economia ricorda che la tassazione immobiliare in Italia è tra le più basse dell'Ue

Sull’Imu è già tempo di correzioni: è una «distorsione che un’imposta locale venga assegnata all’Erario». E in Italia, dove «la tassazione immobiliare è più bassa, rispetto ad altri paesi europei», la riforma del catasto deve essere «finalizzata alla perequazione effettiva dei differenziali delle rendite» tra beni siti «in diversi territori urbani (centro e periferia) nelle grandi città».
Ad annunziarlo Fabrizia Lapecorella, direttore del dipartimento finanze del ministero dell’economia, ieri in audizione alla camera sul disegno di legge delega per la revisione del sistema fiscale (AC 5291). Provvedimento che la rappresentante di via XX settembre giudica «estremamente positivo» sul fronte del restyling del meccanismo di attribuzione delle rendite catastali, del miglioramento dei rapporti con i contribuenti e della nuova tassazione sul reddito di impresa, capitoli che anche il Fondo monetario internazionale «ha indicato come priorità». Per ciò che riguarda l’Imu, si stima dovrebbe fruttare quest’anno poco più di 20 miliardi di euro. Imposta nominalmente comunale però, in base alla manovra correttiva di dicembre, metà del gettito riscosso sulle abitazioni diverse dalla prima casa si prevede vada all’Erario. Lapecorella, sostenendo che l’esecutivo è pronto a valutare modifiche, non spiega, tuttavia, come intende attuarle: le ipotesi circolate indicano che potrebbero essere conferite tutte le entrate derivanti dall’Imu ai comuni in cambio di minori trasferimenti erariali, oppure la tassa potrebbe essere divisa in due (una incassata dallo stato, l’altra dalle amministrazioni locali).
Dinanzi ai membri della VI commissione di Montecitorio (Finanze), la dirigente afferma che il prelievo fiscale sui beni immobili nella nostra penisola è inferiore ad altre nazioni Ue: da noi «la tassazione pesa per lo 0,6% del pil contro il 2,4% della Francia, il 3,1% degli Stati Uniti, il 2,1% del Giappone e una media dell’1,1% per gli stati aderenti all’Ocse», ma con i 20 miliardi di gettito preventivati «supereremo l’1%». Ecco, dunque, inserirsi nel discorso il progetto di riforma del catasto che, prosegue, garantirà «la redistribuzione del carico tributario in modo coerente con il valore di mercato degli immobili». Il piano sarà realizzato «a invarianza del gettito complessivo derivante dalla tassazione immobiliare», agendo sulle leve delle «aliquote dell’imposta patrimoniale e su quella delle imposte sui trasferimenti». Auditi nelle stesse ore dai deputati anche Giuseppe Peleggi, direttore dell’Agenzia delle dogane, che mette in guardia il legislatore da interventi sulle cosiddette «tax expenditures», ossia gli sconti fiscali, senza valutarne l’impatto sull’agricoltura nazionale; i nostri prodotti, ammonisce, «non possono essere delocalizzati. Possiamo deindustrializzarci, cercare l’operaio a 199 euro al mese senza ferie, ma l’agricoltura italiana resta. Quindi, prima di cancellare un numero ci penserei, e guarderei che cosa fanno i francesi e i tedeschi». Il vertice delle Dogane, poi, porta una buona notizia sul fronte della sottofatturazione, fenomeno in decremento (e riguardante soprattutto le merci cinesi), poiché «dal 2005 al 2011 sono stati recuperati dall’importazione di tessile e borse circa 4 miliardi di euro di maggiori tasse».
Critiche al ddl arrivano, a seguire, da Rete Imprese Italia. Il presidente per un semestre Giorgio Guerrini vede, infatti, il testo «orientato a una manutenzione straordinaria e razionalizzazione dell’attuale farraginoso e vetusto apparato» fiscale. E, al contrario, occorre «definire in modo inequivocabile le caratteristiche delle imprese individuali escluse dal pagamento dell’Irap per l’assenza dell’autonoma organizzazione, cominciando a ridurre gradualmente questo tributo» a partire da quelle di più piccole dimensioni, innalzando la franchigia di imposizione. Misure necessarie, chiosa Guerrini, in un paese in cui la pressione fiscale nel 2012 supera il 45% del pil e quella effettiva circa il 54%, e dove «il costo della burocrazia per le imprese è di 26,5 miliardi».


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