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La delega fiscale sarà riscritta al senato

Percorso a ostacoli per il ddl delega per la semplificazione fiscale. Il provvedimento, all’esame in questi giorni della commissione finanze della camera, arriverà in aula verso il 15 ottobre, in contemporanea con la legge di stabilità, che però avrà la precedenza.
Difficile quindi che venga licenziata prima della fine dell’anno. Al senato poi, il sottosegretario al ministero dell’economia, Vieri Ceriani, è già pronto ad accogliere il testo con un consistente pacchetto di emendamenti che in pratica riscriveranno la riforma. Sarà quindi necessaria almeno una terza lettura a Montecitorio e non è detto perciò che la riforma riesca ad arrivare in porto prima della fine della legislatura. Sono queste alcune delle considerazioni emerse ieri a margine del Forum tax 2012, il convegno organizzato da Ipsoa a Milano.
Una delle riforme più attese contenute nella delega fiscale è quella che tenterà di dare una cornice normativa alla disciplina dell’abuso di diritto. Una delle più contestate creazioni giurisprudenziali degli ultimi anni. La soluzione prevista nel testo attualmente in discussione non ha convinto i relatori. Si tratta infatti di una formulazione che recepisce supinamente l’impostazione data dalla giurisprudenza della Corte di cassazione. In questo modo si introduce però nell’ordinamento un veleno in grado di minare il sistema tributario dalle fondamenta. Ivan Vacca, condirettore generale di Assonime, non ha usato mezzi termini: sul tema dell’abuso di diritto, ha detto, si giocano le sorti del nostro ordinamento: o si riesce a codificare una norma di chiusura del sistema con carattere di eccezionalità (qualcosa che assomiglia di fatto all’articolo 37 bis) oppure si farà crollare l’edificio dalle fondamenta: qualsiasi norma, qualsiasi scelta imprenditoriale, saranno sempre sindacabili e interpretabili liberamente da qualsiasi giudice. In questo modo si distrugge la certezza del diritto. Vacca ha ricordato che l’articolo 37 bis prevedeva due presupposti fondamentali perché fosse riscontrabile un abuso di diritto: l’assenza di valide ragioni economiche e un vantaggio fiscale indebito. Le prime pronunce della Cassazione, pur allargando a dismisura il campo di operatività dell’abuso avevano tenuto ferma la necessità di questi due presupposti. Poi il secondo è stato lasciato cadere. Ora basta che vi sia l’assenza di valide ragioni economiche per subire un accertamento. Infatti si leggono accertamenti dove a chi fa una fusione si contesta un abuso di diritto perché non si è scelta la liquidazione. A chi fa una liquidazione si contesta di non aver scelto la fusione. Un delirio.
In realtà il legislatore si trova in un vicolo cieco perché se sceglierà di regolare la materia ponendo rigidi paletti normativi all’utilizzo di questa fattispecie in sede di accertamento, finirà per essere scavalcato dalla Cassazione, come avvenuto negli ultimi anni. Se si adeguerà all’indirizzo giurisprudenziale dominante finirà per legittimare un soggettivismo giurisprudenziale in grado di sindacare ogni scelta dell’imprenditore (ma anche del legislatore tributario). E questo è uno dei motivi per cui le grandi imprese si guardano bene dal prendere sede in Italia, e se possono, fuggono.


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