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Prelievo sul tfr, tabula rasa
Il dl varato dal governo elimina la norma dall'origine per evitare contenziosi

Estinti i processi per la restituzione del contributo previdenziale obbligatorio del 2,5% sulla base contributiva dei dipendenti pubblici.

Il decreto legge approvato lo scorso venerdì dal governo per attuare la sentenza della Corte costituzionale 223/2012 non si limita ad azzerare la norma considerata incostituzionale, l’articolo 12, comma 10, del dl 78/2010, convertito in legge 122/2010, ma incide anche sulle vertenze attivate, con l’intento di eliminare il contenzioso sorto nel frattempo.

L’estinzione dei processi potrà essere anche dichiarata d’ufficio dal giudice e in ogni caso le sentenze emesse resteranno prive di effetti.

La ragione della chiusura del contenzioso è semplice: il governo, col decreto legge, non si limita ad attuare le indicazioni della Consulta, ma azzera totalmente la norma «incriminata».

La sentenza 223/2010, a ben vedere, ha considerato l’articolo 12, comma 10, del dl 78/2010 incostituzionale non in quanto tale, ma poiché mentre fino al 31 dicembre 2010 la normativa imponeva al datore di lavoro pubblico un accantonamento complessivo del 9,60% sull’80% della retribuzione lorda, con una trattenuta a carico del dipendente pari al 2,50%, calcolato sempre sull’80% della retribuzione, l’articolo 12, comma 10, aveva imposto la trasformazione del trattamento di fine servizio in vero e proprio tfr.

La Consulta ha rilevato che la normativa antecedente all’articolo 12, comma 10, imponeva «un accantonamento determinato su una base di computo inferiore e, a fronte di un miglior trattamento di fine rapporto, esigeva la rivalsa sul dipendente, cioè il prelievo del 2,5%».

Il passaggio a una contribuzione del 6,91% operante sull’intera retribuzione, mantenendo detto prelievo, aveva comportato, spiega la Consulta, «una diminuzione della retribuzione e, nel contempo, la diminuzione della quantità del tfr maturata nel tempo», vulnerando gli articoli 3 e 36 della Costituzione, perché si era dettata una disciplina peggiorativa dei lavoratori pubblici rispetto ai privati, a parità di retribuzione.

Il decreto legge, dunque, elimina l’articolo 12, comma 10, dal primo gennaio 2011 (esattamente la stessa data della sua entrata in vigore) facendo tornare le cose com’erano prima.

Mancano, tuttavia, indicazioni ancora più strettamente operative. È evidente che le amministrazioni dovranno restituire le somme indebitamente trattenute ai dipendenti.

Sarebbe fondamentale, però, che Inps-Inpdap chiariscano velocissimamente come le amministrazioni dovranno agire ai fini dei versamenti successivi.

Essendo stata eliminata la disposizione che portava l’aliquota contributiva al 6,91%, dovrebbe tornare l’applicazione del precedente regime normativo.

Il decreto legge, in conseguenza della cancellazione dell’articolo 12, comma 10, dispone anche di riliquidare i trattamenti di fine servizio ai dipendenti che, nel frattempo, erano cessati, nel rispetto alla disciplina normativa antecedente. La riliquidazione deve avvenire entro un anno e, comunque, si stabilisce di non recuperare nei confronti dei dipendenti somme eventualmente erogate in eccedenza.


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