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Il «pre-dissesto» e i rischi della politica irresponsabile

Il «pre-dissesto» è stato promosso come la soluzione soft a quei default comunali dei quali diversi sindaci sono, da tempo, largamente consapevoli. L’istituto ha subito riscosso un forte appeal, al punto che per limitare la spartizione della “torta”, in prima lettura alla Camera, si era deciso, in palese spregio al principio di eguaglianza, di escludere i Comuni al di sotto dei 20mila abitanti, solo successivamente riammessi nel corso del lungo iter parlamentare.
Venduto impropriamente (chi scrive lo aveva subito evidenziato) in lungo e in largo come occasione risolutiva dei tanti malanni che affliggono i conti del sistema municipale, l’istituto produrrà invece verosimilmente pesanti conseguenze negative in termini sia di precarietà di risultato, sia di palese elusione delle sanzioni (il «fallimento politico» previsto dal Dlgs 149/2011) altrimenti applicabili, sia di effetti per i saldi della finanza pubblica. La disciplina ha subito tante modifiche durante il percorso parlamentare che ne hanno, di fatto, peggiorato la funzionalità e la struttura, come se essa avesse lo scopo esclusivo di salvaguardare un preciso interesse di alcuni grandi Comuni (in primis Napoli). Emblematica è stata poi la modifica che sembra ora includere (lo dovranno decidere a breve le sezioni riunite della Corte dei Conti) tra i possibili “beneficiari” anche i Comuni, con termini scaduti, già resisi destinatari della notificazione degli atti propedeutici a sancire il «dissesto guidato» (come Reggio Calabria). Il nuovo istituto si è quindi strutturato in modo molto complesso. Nell’intento di rimediare alla tempesta perfetta generata dal congiunto operare di tagli e obblighi di emersione dei residui, un legislatore apprendista stregone, derogando al Dlgs 149/2011, ha invece messo in piedi uno strumento destinato a finire fuori controllo. Saranno molti gli amministratori che, abbagliati dal miraggio di vedere risolti i problemi dei loro enti e ritenendo il predissesto dotato di qualità salvifiche, agiranno con superficialità, trascurando le responsabilità cui è facile andare incontro.
Ma sarà un miraggio breve, essendo destinato a scontrarsi: con la giusta sentenza 309/2012 della Corte costituzionale sui limiti all’indebitamento per gli enti con i bilanci inattendibili; con i forti rischi, in termini di responsabilità anche penali, cui si espongono gli amministratori che si autodenunciano per beneficiare del contributo; con i criteri di riparto delle risorse stanziate per il 2012 (528 milioni) ora stabiliti nel Dm di attuazione. Quest’ultimo, infatti, verrà incontro probabilmente a pochissime realtà locali, a causa dell’esiguità dei tempi utili messi a disposizione per il completamento delle procedure. Inoltre, l’eccessivo tempismo sembra favorire alcune amministrazioni, in perfetto anticipo rispetto all’approvazione dei rendiconti 2012, gli unici abilitati a far emergere l’inattendibilità dei residui attivi inesigibili e i debiti fuori bilancio riconosciuti. Infine, la determinazione della quota pro capite a cittadino avverrà sulla base delle semplici “istanze” degli enti richiedenti, cioè prima della definizione (presunta per la fine di maggio 2013) delle procedure estimative dei piani di riequilibrio finanziario pluriennali da parte delle Corti dei Conti regionali; che potrebbero anche negarne l’approvazione, lasciando così completamente aperto il problema della rideterminazione del riparto.
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di Luca Antonini ed Ettore Jorio

L’anticipazione
Sul Sole 24 Ore di ieri sono stati anticipati i contenuti del decreto attuativo che disciplina l’attribuzione delle anticipazioni di liquidità ai Comuni e alle Province in difficoltà che chiedono l’adesione al fondo anti-default


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