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La Ue va in pressing sull'Imu
Per Bruxelles imposta da migliorare nella progressività con la riforma del Catasto

Gianni Trovati

MILANO
All’Europa non piace l’Imu, almeno così com’è. Quella scritta nel Rapporto 2012 della commissione Ue su «occupazione e sviluppi sociali», diffusa ieri, non è una bocciatura tout court dell’imposta municipale, anche perché l’Imu nasce proprio per rispondere a una richiesta Ue. Lo ricorda lo stesso rapporto dei “giudici” di Bruxelles, che però imputano al meccanismo disegnato a fine 2011 dal decreto «Salva-Italia» due difetti che si possono ricondurre sotto il cappello della «mancata progressività» del prelievo. L’Imu, in pratica, non misura le proprie richieste sulla ricchezza reale del contribuente, e per questa ragione «dovrebbe essere migliorata». Anche se, come precisa in serata il portavoce del commissario Ue agli Affari sociali, Laszlo Andor, l’Imu non è sul banco degli imputati per il «rischio povertà» evocato dal Rapporto, che in quel punto si riferiva alla vecchia Ici per riferire che nel 2006 il suo impatto «è stato molto lieve e molto minore della tassa sulla proprietà del Regno Unito».
Il punto, insomma, è un altro, ed è legato al fatto che l’Imu non riesce a presentare ai cittadini richieste misurate sulla reale capacità contributiva dei proprietari di immobili. Gli ostacoli citati dal Rapporto sono due, il primo dei quali è legato all’anzianità dei valori catastali. Il conto dell’Imu si basa su estimi invecchiati nel tempo, che vivono un rapporto piuttosto casuale con i reali valori di mercato (si veda l’articolo in basso) e di conseguenza finiscono in molti casi per chiedere di più a chi possiede un immobile meno pregiato.
Il vizio caratterizzava anche l’Ici ma i nuovi moltiplicatori, che hanno gonfiato le basi imponibili aumentandole in genere del 60 per cento, hanno ovviamente acuito il problema. Il difetto era ben chiaro del resto allo stesso Governo Monti, che infatti aveva dedicato alla riforma del Catasto uno dei capitoli chiave della delega fiscale, naufragata però in un Parlamento ormai percorso dai venti pre-elettorali. Nella polemica che seguirà alla presa di posizione, quindi, è bene ricordare che le responsabilità sono condivise fra Governo e Parlamento, o meglio fra Governi e Parlamenti degli ultimi 20 anni, che in tre occasioni hanno scritto deleghe fiscali con riforme del Catasto che non hanno mai visto la luce.
Il difetto di fondo è questo, perché a conti fatti configura una patrimoniale che non tiene conto del valore reale del patrimonio tassato. Anche sul versante del reddito, però, il Rapporto individua un aspetto da migliorare. Sull’abitazione principale, la Ue ha parole positive per gli sconti da 200 euro di base, più 50 euro per ogni figlio convivente, che contribuiscono a differenziare in modo significativo il trattamento riservato alla prima casa da quello previsto per gli altri immobili (anche se il confine fra le due tipologie secondo il Rapporto andrebbe meglio definito per risolvere alcuni casi controversi). Gli sconti, però, offrono la stessa cifra a chi ha un reddito medio-basso e occupa un bilocale e a chi, grazie alle proprie entrate più consistenti, abita in case di pregio. Un «link» fra la misura degli sconti e il reddito del beneficiario, secondo Bruxelles, andrebbe previsto.
L’Imu, ricorda la Commissione rimanendo perfettamente in linea alle sue raccomandazioni del passato, è stata introdotta per ridurre la «tassazione di favore» che caratterizzava gli immobili italiani. «Tassazione di favore» che nel panorama attuale appare un ricordo lontano, affievolito anche da questi effetti distorsivi che oggi portano per esempio la tassazione complessiva sugli affitti a oscillare fra il 50 e l’80% (si veda Il Sole 24 Ore di ieri) in base a variabili scollegate dal valore e dal reddito del bene tassato.
Con il debutto sull’Imu, il peso delle imposte del mattone arriva a oscillare intorno al 2,7% del Pil, un valore che porta l’Italia in cima alla classifica europea dietro solo al 3,3% del Regno Unito. Una graduatoria che si riproduce fedelmente nel rapporto fra tassazione di proprietà e valore dell’immobile calcolato nel grafico a fianco e realizzato da Sole 24 Ore e Dla Piper. Oltre al Regno Unito, primeggia il valore degli Stati Uniti, dove però le aliquote variano drasticamente da Stato a Stato.
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