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Gli assessori stiano al loro posto
Illegittime le delibere di giunta sotto forma di direttiva

Le deliberazioni con cui le giunte individuano i contraenti, anche se fatte nella forma della direttiva, sono illegittime in quanto violano il principio della distinzione delle competenze tra organi di governo e dirigenti. Questi provvedimenti non possono essere successivamente sanati in modo generico, ma solamente attraverso una specifica e ampiamente motivata convalida.

Sono queste le indicazione di maggiore rilievo contenute nella sentenza del Consiglio di stato n. 1775 dello scorso 27 marzo. La pronuncia ha un notevole rilievo in quanto stabilisce un chiaro argine alla invadenza degli organi di governo, che attraverso la utilizzazione dello strumento della direttiva entrano spesso nel merito delle scelte gestionali. La direttiva degli organi politici è legittima se rimane nell’alveo delle indicazioni di carattere generale.

La sentenza ricorda in premessa che «il criterio discretivo tra attività di indirizzo e di gestione degli organi della p.a. è rinvenibile nella estraneità della prima al piano della concreta realizzazione degli interessi pubblici che vengono in rilievo, esaurendosi nella indicazione degli obiettivi da perseguire e delle modalità di azione ritenute congrue a tal fine». La direttiva è da considerare illegittima per la lesione del principio della distinzione delle competenze tra organi di governo e dirigenti nel caso in cui in concreto «il responsabile del servizio nulla avrebbe potuto fare di diverso dopo la delibera suddetta e non avrebbe potuto porre in essere alcun atto di gestione, atteso che gli è stata imposta la già effettuata scelta di un dato contraente (che è atto di gestione, non costituendo, a prescindere dalla terminologia usata, fissazione di linee generali e di scopi da perseguire), demandandogli solo il compito di liquidare la spesa». In questi casi «l’atto di giunta costituiva invero, in concreto, atto di vera e propria gestione, a prescindere dalla solo formale qualificazione dello stesso quale atto di indirizzo gli atti di gestione includono funzioni dirette a dare adempimento ai fini istituzionali posti da un atto di indirizzo o direttamente dal legislatore, oppure includono determinazioni destinate ad applicare, pure con qualche margine di discrezionalità, criteri predeterminati per legge, mentre attengono alla funzione di indirizzo gli atti più squisitamente discrezionali, implicanti scelte di ampio livello».

È molto importante anche il giudizio sulla «inapplicabilità dell’istituto della convalida agli atti posti in essere dal responsabile successivamente alla adozione della deliberazione impugnata. Ai sensi dell’art. 21-nonies, comma 2, della legge n. 241 del 1990, che fa salva la possibilità del ricorso all’istituto della convalida (in cui è compresa anche la ratifica) del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole, l’Amministrazione ha il potere di convalidare o ratificare un provvedimento viziato. L’atto di convalida deve contenere una motivazione espressa e persuasiva in merito alla sua natura e in punto di interesse pubblico alla convalida, essendo insufficiente la semplice e formale appropriazione da parte dell’organo competente all’adozione del provvedimento, in assenza dell’esternazione delle ragioni di interesse pubblico giustificatrici del potere di sostituzione e della presupposta indicazione, espressa, della illegittimità per incompetenza in cui sarebbe incorso l’organo che ha adottato l’atto recepito in via sanante è necessario che emergano chiaramente dall’atto convalidante le ragioni di interesse pubblico e la volontà dell’organo di assumere tale atto».


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