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Imposta di sbarco non per tutti
Il Tar Toscana ha escluso che il balzello possa essere richiesto anche da soggetti diversi

L’imposta di sbarco nelle isole minori deve essere riscossa solo dalle compagnie di linea. È illegittima la norma del regolamento comunale che amplia la platea dei contribuenti.

Lo ha ribadito il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana che nella sentenza n. 444 del 21 marzo 2013, partendo dall’analisi del dato normativo, ha escluso che l’imposta possa essere legittimamente richiesta anche ai soggetti che utilizzano vettori diversi da quelli espressamente individuati dal legislatore nazionale.

E infatti l’art. 4, comma 3-bis, del dlgs 14 marzo 2011, n. 23, che ha istituito il tributo a favore dei comuni che hanno sede giuridica nelle isole minori e dei comuni nel cui territorio insistono isole minori, stabilisce esplicitamente che l’imposta di sbarco, alternativa all’imposta di soggiorno, si applica fino a un massimo di euro 1,50 «da riscuotere, unitamente al prezzo del biglietto, da parte delle compagnie di navigazione che forniscono collegamenti marittimi di linea».Non è quindi in armonia con detta norma la disposizione regolamentare che assoggetta al tributo anche coloro che utilizzano vettori pubblici o privati o comunque ad altri soggetti diversi dalle compagnie di navigazione.

Il caso è stato sottoposto all’esame del Tar Toscana dal ministero dell’economia e delle finanze che, a norma dell’art. 52, comma 5, del dlgs n. 446 del 1997, può impugnare avanti gli organi di giustizia amministrativa i regolamenti sulle entrate tributarie per vizi di legittimità, svolgendo così «una funzione di controllo non generalizzata, ma strumentale alla verifica che l’esercizio della potestà regolamentare non esorbiti i limiti di volta in volta stabiliti dalla legge, risultando perciò perfettamente compatibile con le garanzie costituzionali delle autonomie locali, con la riserva della materia tributaria al legislatore statale sancita dall’art. 117, comma 2 lett. e) Cost. e con il generale principio di ragionevolezza».

In primo luogo, l’amministrazione finanziaria ha rilevato l’illegittimità della disposizione che estende l’applicazione dell’imposta di sbarco ad ogni persona fisica che, per giungere sull’isola, utilizzi non già i traghetti o altri mezzi delle compagnie di navigazione di linea, ma «altri vettori pubblici e/o privati», nel contempo imponendo a carico di detti vettori, diversi dalle compagnie di navigazione di linea previste dalla legge statale, gli obblighi connessi alla responsabilità per il pagamento e la riscossione dell’imposta.

Come osservato dal Tar, infatti, si oltrepassano in tal modo i limiti fissati dall’art. 4, comma 3-bis, del dlgs n. 23 del 2011, imponendo, mediante una fonte regolamentare, una prestazione patrimoniale a carico di soggetti diversi da quelli stabiliti dalla norma primaria, violando così la riserva di legge sancita dall’art. 23 della Costituzione.

Il regolamento comunale è stato riconosciuto illegittimo anche nella parte in cui:

I giudici toscani, in accordo con i rilievi formulati dal Mef, hanno statuito l’illegittimità di tali disposizioni regolamentari, giacché:

Il Tar conclude affermando che l’esercizio dell’autonomia finanziaria e tributaria dei comuni, sancito dall’art. 119 Cost. «si sostanzia e si esaurisce nella definizione dell’an e del quantum dell’imposta nei limiti dettati dal legislatore statale a partire dalla individuazione delle fattispecie impositive», in ossequio, fra l’altro, alle esigenze di uniformità del sistema tributario sull’intero territorio nazionale assicurate dalla medesima previsione costituzionale.


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