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A Palazzo Chigi il controllo sui fondi europei
L'Agenzia per la coesione. Resta l'accentramento ma ammorbiditi i poteri sostitutivi verso le regioni con la soppressione del riferimento a «gravi inadempienze»

La presidenza del Consiglio tira le redini a Regioni e Ministeri, e con un mix di bastone e carota punta a gestire in modo più attento ed efficiente, e con meno ritardi rispetto agli ultimi dieci anni, la partita dei 100 miliardi di euro dei fondi sviluppo e coesione in arrivo per il 2014-2020.
L’Agenzia per la coesione territoriale costituita con il decreto legge di ieri, infatti, dipenderà direttamente dalla presidenza del Consiglio (o dal ministro delegato, oggi il titolare della coesione Carlo Trigilia), dovrà essere costituita con un complesso iter entro il 1° marzo 2014 e avrà il compito di svolgere un «monitoraggio sistematico e continuo» su Regioni e Ministeri nell’attuazione dei programmi di sviluppo e coesione, anche con specifiche attività di verifica.
Dovrà poi svolgere attività di sostegno e assistenza tecnica alle amministrazioni (Regioni e Comuni soprattutto) e potrà infine svolgere funzioni dirette di autorità di gestione di programmi sperimentali o sostituirsi in caso di gravi ritardi alle autorità inadempienti.
I fondi strutturali e di coesione 2014-2020 sono una partita da circa 100 miliardi di euro, di cui 30 miliardi (certi) di finanziamento europeo Fesr-Fse, fino ad altrettanti 30 miliardi di co-finanziamento nazionale, e circa 40 di fondi nazionali Fsc (l’ex Fas).
Il nodo dei “poteri sostitutivi” è stato risolto ieri solo in parte: nella bozza di venerdì si affidava esplicitamente all’Agenzia, «a seguito di gravi inadempienze o ritardi nella realizzazione dei programmi», «l’esercizio di poteri sostitutivi», facendole così assumere il ruolo dell’autorità di gestione inadempiente (la Regione o il Ministero competente).
Nel testo approvato ieri si affida invece all’Agenzia il compito di «dare esecuzione» alle determinazioni del Ministro della Coesione, adottate ai sensi degli articoli 3 e 6 (c.3) del Dlgs 88/2011, che parlano più genericamente di “misure di accelerazione” in caso di ritardi.
Tuttavia il Ministro Trigilia è convinto che la sostanza non cambi, tant’è che nel suo comunicato spiega che «l’Agenzia potrà, in alcuni casi bene definiti, anche svolgere compiti diretti di autorità di gestione tanto per progetti sperimentali, quanto nell’ipotesi di gravi inadempienze e ritardi di alcune autorità di gestione dei programmi, nei riguardi dei quali può assumere poteri sostitutivi».
«L’Agenzia – ha aggiunto Trigilia in conferenza stampa – non vuol dire tornare al neo centralismo…». Ma certo molto tempo è passato da quando nel 1999, Ciampi ministro dell’Economia e Fabrizio Barca capo del Dps (Dipartimento sviluppo e coesione) furono lanciate le parole d’ordine del coinvolgimento del territorio, delle forze economiche e sociali, e degli enti locali, nella formazione e gestione dei programmi Ue.
Ne nacquerono esperienze anche positive, ma la frammentazione degli interventi e la diffusa inefficienza nella loro attuazione hanno fatto cambiare in parte idea allo stesso Barca, che l’anno scorso, da Ministro, ha lanciato campagne di monitoraggio (a volte a sorpresa) sul territorio (scoprendo spesso ritardi ingiustificabili), poi rafforzato il controllo con i Cis (contratti Ministero-enti attuatori) e infine lanciato l’idea dell’Agenzia, senza riuscire mai a farla approvare dal Governo Monti.
La nuova struttura – nel decreto approvato ieri – sarà leggera, perché le 345 persone attuali del Dps passeranno in 50 direttamente alla presidenza del Consiglio e le altre all’Agenzia, con blocco del turn over per farle scendere negli anni fino a 200 unità a regime.
Ci sarà però l’assunzione a tempo indeterminato di 120 persone, da assegnare ai vari ministeri con compiti di assistenza e monitoraggio: i relativi oneri, 11 milioni di euro in sette anni, saranno a carico dei programmi di coesione 2014-2020.


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