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Ministeri ed enti locali si aprono alla trasparenza
Pubblica amministrazione. Monitoraggio sul rispetto degli obblighi del decreto 33

La trasparenza si fa largo negli uffici pubblici. Un’accelerata l’ha fornita il decreto legislativo 33 dello scorso marzo, che ha imposto alle amministrazioni di predisporre sul proprio sito istituzionale un link ad hoc denominato “Amministrazione trasparente” dove rendere accessibile alla collettività tutta una serie di dati: dalla situazione patrimoniale dei politici ai rendiconti dei gruppi consiliari e provinciali, dalle consulenze alle liste d’attesa delle Asl, dagli incarichi conferiti ai dipendenti ai bandi di concorso. Per citare solo alcuni adempimenti.
A poco meno di cinque mesi dall’entrata in vigore degli obblighi (le novità sono scattate il 20 aprile), come hanno reagito le pubbliche amministrazioni? Il Sole 24 Ore ha effettuato un monitoraggio su tutti i ministeri (esclusi quelli che fanno riferimento a Palazzo Chigi, perché aspettano regole proprie; si veda l’articolo sotto) e su un campione di regioni, province, comuni e Asl.
I risultati evidenziano situazioni differenziate, ma in generale si può dire che il principio della trasparenza sta prendendo piede. Indicazioni confermate da un analogo censimento realizzato dalla Funzione pubblica, secondo il quale – come viene riportato nella circolare 2/2013 relativa ai nuovi obblighi pubblicata sulla «Gazzetta Ufficiale» del 12 settembre – il 70% degli enti ha istituito la sezione “Amministrazione trasparente”.

Certo, non è facile trovare uffici che si sono adeguati completamente, anche se in tali casi può essere concessa l’attenuante della novità. In prospettiva, sarebbe utile una maggiore uniformità sulle modalità di pubblicazione dei dati, così come si dovrà porre attenzione al fatto che questi ultimi vanno diffusi in un formato aperto, così da poter essere riutilizzabili. Le sanzioni potranno, poi, funzionare da pungolo, anche se si deve ancora aspettare perché siano operative(si veda altro articolo).

Ministeri. Sono stati messi sotto la lente i costi della politica, in particolare l’obbligo di pubblicare le situazioni patrimoniali, i curricula, le spese di missione, gli atti di nomina di ministri, vice e sottosegretari. Esaminati anche i dati sulle consulenze e sugli incarichi di diretta collaborazione dei ministri (uffici di gabinetto e legislativi). In linea di massima, le informazioni ci sono. Soprattutto quelle relative ai redditi dei diretti interessati. In diversi casi, la pubblicità dei dati si estende anche alla situazione patrimoniale del coniuge e dei parenti più stretti. Per qualche ministero, invece, il dato relativo ai parenti manca e non c’è traccia del rifiuto del consenso alla pubblicazione (che deve comunque essere reso esplicito). Altre lacune riguardano i curricula di quanti hanno ricevuto incarichi particolari o consulenze.

Regioni. L’indicatore scelto è quello delle informazioni sulla galassia di enti e società partecipate. L’aspetto più trascurato dalle cinque Regioni prese in considerazione è quello dei costi. Il decreto trasparenza infatti richiede un quadro preciso: non solo la mappa, ma anche le quote azionarie regionali, i bilanci degli ultimi tre anni e «l’onere complessivo a qualsiasi titolo gravante per l’anno sul bilancio dell’amministrazione».
Quest’ultima voce è soddisfatta solo dal Piemonte che, oltre a fornire con grande evidenza il quadro finanziario (e i bilanci), spiega per ogni società quanto è costato il coinvolgimento regionale sin dalla nascita. Insomma, la sanzione di uno stop ai trasferimenti di fondi alle società in caso di inadempimento, per ora, non spaventa le amministrazioni.
Buona anche la scelta della Liguria, che ha il pregio di fornire le informazioni in formato aperto, anche se manca il colpo d’occhio sui rapporti tra ente e vigilati. Più indietro il Lazio che riporta dati vecchi (ultimo aggiornamento: gennaio 2013) e spesso lascia vuota la casella del compenso degli amministratori di nomina regionale. Mancano anche le informazioni sul valore delle quote nelle partecipate. Mappa e bilanci non si trovano neanche sul sito della Regione Puglia.

Province. Tra gli enti più avanzati nell’attuazione del decreto sulla trasparenza, le Province fanno registrare buone performance per il dato-campione relativo ai dirigenti amministrativi. Tutte espongono in modo semplice e completo i curricula e la retribuzione dei propri vertici. Ancona, Bergamo e Brindisi riescono anche a fornire l’elenco degli incarichi extra (il capoluogo marchigiano vanta un aggiornamento allo scorso lunedì).
La stessa categoria risulta invece incompleta a Napoli: la voce è presente ma vuota e non si capisce se per mancanza di incarichi o di aggiornamenti.

Comuni. I sei comuni messi sotto esame rispondono in maniera più che soddisfacente. Tutti hanno pubblicato i dati sulla situazione patrimoniale di sindaco, assessori e consiglieri e i relativi curricula. Mancano, invece, gli atti di nomina (fanno eccezione Bari e Venezia).

Asl. Il Dlgs 33 impone alle Asl di pubblicare i tempi di attesa «previsti» e quelli effettivi. I primi mancano per tutte le cinque realtà esaminate, ma, in realtà, sono anche di difficile attuazione. L’attenzione si sposta su quelli effettivi: ebbene, il “sogno” di ogni cittadino di sapere dove poter fare un’ecografia in tempi brevi è ancora irrealizzabile. Si avvicina di più la Asl di Bergamo, che per ogni prestazione fa conoscere i tempi medi nelle singole strutture divisi per classi e percentuali. La Asl 2 Liguria (Savona) rimanda ai dati della Regione (non articolati per struttura). Alla azienda Usl 5 di Pisa le liste di attesa sono presenti solo come titolo, ma senza contenuto, all’azienda di Reggio Calabria invece mancano del tutto.


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