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Deroghe locali per le distanze
Decreto del fare. La finalità di «governo del territorio» può consentire la riduzione delle soglie minime fissate dallo Stato

Regioni e Province autonome possono ridurre le distanze legali tra fabbricati o gli standard urbanistici richiesti in fase di pianificazione. Il principio è in vigore dal 21 agosto con la legge n. 98/2013, di conversione del decreto “del fare” (Dl 69/2013).
L’articolo 30 contiene varie disposizioni di semplificazione in materia edilizia. Tra queste, il comma 1, lettera a), ha introdotto nel Testo unico dell’edilizia (Dpr 380/2001) l’articolo 2-bis, la cui rubrica riporta «Deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati», ma ha in realtà un ambito più ampio. Infatti, alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano viene ora consentito di introdurre deroghe al Dm 1444/1968 e di dettare proprie disposizioni sugli spazi da destinare agli insediamenti residenziali o produttivi, a quelli riservati alle attività collettive, al verde e ai parcheggi.

Le deroghe
La possibilità di un intervento normativo regionale investe anche gli standard urbanistici, come oggi definiti dagli articoli 3 e seguenti del decreto del 1968 e non si limita, quindi, alle sole distanze tra edifici.
La nuova norma statale costituisce senz’altro un vincolante “principio della materia”, non solo in quanto viene inserita tra le disposizioni generali del Dpr 380/2001, ma anche perché la determinazione di standard minimi rappresenta un obbligo stabilito dall’articolo 41 quinquies, comma 8 della legge urbanistica n.1150/1942, tuttora vigente. Qui si stabilisce che, nella formazione di nuovi strumenti urbanistici o nella revisione di quelli esistenti, in tutti i Comuni debbono essere osservati limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza tra i fabbricati, nonché rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi. La definizione di questi limiti e rapporti è contenuta nel Dm 1444/1968.
Le sue previsioni hanno costituito sinora la disciplina di riferimento unitaria e ritenuta inderogabile dalla giurisprudenza, specie per quel che attiene alle distanze minime tra fabbricati, tanto che il giudice è tenuto a disapplicare le norme del piano regolatore in contrasto il Dm (tra le altre Consiglio di stato, sezione IV, n.7731/2010). È dunque questo l’ambito in cui potranno da oggi intervenire le Regioni, anche se la nuova disposizione pone una duplice condizione cui il legislatore regionale dovrà attenersi nell’esercizio della propria potestà legislativa e regolamentare nella materia di competenza concorrente del «governo del territorio».

Il perimetro
Innanzitutto gli interventi normativi – non solo quelli a contenuto derogatorio – dovranno riferirsi al momento della definizione o revisione di strumenti urbanistici ed essere comunque funzionali a un assetto complessivo e unitario del territorio oppure di specifiche aree territoriali, come nel caso di piani particolareggiati o di lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche.
In secondo luogo, le disposizioni regionali non dovranno risultare invasive della competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile, con riferimento al diritto di proprietà e alle connesse norme del Codice civile e alle relative disposizioni integrative. Tra queste ultime, tuttavia, come segnalato negli stessi lavori preparatori alla legge di conversione, è ricompreso proprio l’articolo 9 del Dm 1444/1968, i cui contenuti le Regioni e le Province autonome potrebbero derogare in forza del nuovo articolo 2-bis.
L’effettiva portata della disposizione, nella parte in cui fa «salva la competenza statale in materia di ordinamento civile» dovrà quindi necessariamente essere letta alla luce della consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale, la quale, anche nella sentenza n. 6/2013, ha legittimato l’intervento legislativo regionale solo se chiaramente correlato al perseguimento delle finalità pubblicistiche di complessiva gestione del territorio.

Gli spazi di manovra

L’applicazione delle novità dettate dal decreto “del fare”

01|LE DEROGHE
Il Dl 69/2013 (articolo 30) ha introdotto la possibilità per le Regioni e le Province autonome di prevedere deroghe alle distanze minime tra fabbricati vicini e alle norme statali che impongono gli standard urbanistici, ovvero gli spazi minimi per abitante da distribuire tra residenziale, verde pubblico, parcheggi e altre funzioni

02|LE LEGGI STATALI
La normativa statale sulle distanze minime tra i fabbricati è contenuta nel Codice civile e nel Dm 1444/1968.

Quest’ultimo provvedimento ha anche dettato le regole per gli standard urbanistici

03|EDIFICI RESIDENZIALI: I LIMITI
Regioni e Province autonome possono ora derogare alle indicazioni del Dm 1444/1968. Queste prevedono rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi, con esclusione degli spazi destinati alle sedi viarie. Oggi per ogni abitante – insediato o da insediare – la dotazione minima, inderogabile, è di 18 metri quadri ripartiti in: 4,50 metri quadrati di aree per l’istruzione; 2 metri quadrati di aree per attrezzature di interesse comune; 9 metri quadrati di aree per spazi pubblici attrezzati a parco; 2,50 metri quadrati di aree per parcheggi in aggiunta a quelli pertinenziali

04|EDIFICI INDUSTRIALI: I LIMITI
Il Dm 1444/1968 fissa questi limiti (ora derogabili) nei rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti produttivi e gli spazi pubblici destinati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi: nei nuovi insediamenti di carattere industriale compresi nelle zone D) la superficie non può essere inferiore al 10% (escluse le sedi viarie); nei nuovi insediamenti di carattere commerciale e direzionale, a 100 metri quadrati di superficie lorda di pavimento di edifici previsti, deve corrispondere la quantità minima di 80 mq di spazio, escluse le sedi viarie, di cui almeno la metà destinata a parcheggi (in aggiunta a quelli pertinenziali); tale quantità, per le zone A e B (centro storico e semi-centro) è ridotta alla metà, purché siano previste adeguate attrezzature integrative

05|GLI ALTRI VINCOLI
Sempre il Dm 1444/1968 indica anche i limiti inderogabili di densità edilizia e di altezza massima degli edifici, diversi a seconda della zona territoriale

06|LE DISTANZE
Nei centri storici (zone A) è obbligatorio mantenere le distanze preesistenti in caso di ristrutturazione: nelle altre zone il Dm 1444 impone una distanza minima di 10 metri tra pareti finestrate

 


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