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«Trovare 10 miliardi per il cuneo»
Squinzi da Letta: la legge di stabilità può essere lo spartiacque tra rigore e sviluppo

Trovare 10 miliardi per il cuneo fiscale. «Il minimo per fare un salto di qualità e dare una spinta alla crescita.

Bisogna assolutamente trovarli, è fondamentale». Lo aveva già anticipato ai senatori della Commissione politiche Ue, in un’audizione nel pomeriggio sull’utilizzo dei fondi europei da parte dell’Italia, preannunciando che sarebbe stato questo uno dei temi prioritari del confronto con il Governo. E Giorgio Squinzi lo ha ripetuto ieri pomeriggio, davanti al presidente del Consiglio, Enrico Letta, in un colloquio a due. È da settimane del resto che il presidente di Confindustria batte su questo tasto indicandolo tra le priorità per rilanciare la crescita, accanto ai pagamenti della Pa e alla semplificazione burocratica.

Dieci miliardi, una cifra consistente per un Paese che deve tenere sotto controllo i conti pubblici. Una strada potrebbe essere attingere ai fondi europei che ancora restano da spendere: addirittura 28 miliardi per il periodo 2007-2013, di cui oltre 21 nelle Regioni meridionali, sui circa 50 a disposizione per l’intero periodo.

«Deve essere fatto ogni sforzo per immettere nel sistema economico questi 28 miliardi, non possiamo perdere anche un solo euro, oltre ad essere economicamente uno spreco non è moralmente accettabile», ha sottolineato Squinzi nell’audizione. «Non ce lo possiamo permettere anche per rispetto di tutti gli sforzi che cittadini e imprese hanno fatto per consentire la chiusura della procedura di deficit eccessivo». Secondo il presidente di Confindustria gli ambiti prioritari di utilizzo di queste risorse sono il credito, gli investimenti alle imprese, la riqualificazione del patrimonio pubblico, la promozione dell’occupazione attraverso la riduzione del cuneo fiscale per nuove assunzioni. «Con uno sforzo straordinario si può consentire negli ultimi due anni a disposizione una robusta accelerazione, spingendo la competitività del tessuto produttivo». Ed ha proposto anche indicatori di risultato, dando fondi alle amministrazioni che si impegnano nei tempi certi dei pagamenti o nella conclusione dei procedimenti amministrativi verso le imprese.

Lo stesso atteggiamento va tenuto per i fondi 2014-2020: il bilancio europeo mette a disposizione oltre 28 miliardi, con il cofinanziamento nazionale si arriva alla cifra di quasi 60 miliardi di investimenti. «Bisogna rimettere al centro la manifattura», ha detto Squinzi ed anche i nuovi interventi dovranno avere la spinta anticongiunturale da avviarsi con la riprogrammazione delle risorse residue. «Fate presto e fate bene», è il messaggio che il presidente di Confindustria ha rivolto a Governo e Parlamento, che «nell’ambito della legge di Stabilità dovrà pronunciarsi sul rifinanziamento di queste politiche».

La legge di Stabilità, secondo Squinzi, può «rappresentare lo spartiacque tra la stagione del rigore e quella dello sviluppo». Ed ha insistito: «Dall’effettiva riduzione del cuneo fiscale, del costo dell’energia, degli oneri che gravano sulle imprese dipenderà l’effettiva volontà del Governo di mettere le basi per un percorso di crescita». Quella del rigore, ha aggiunto, «è stata una medicina necessaria, ma a caro prezzo. Le politiche di austerità hanno gelato l’economia, alle prese con una recessione senza precedenti». Ora «siamo probabilmente arrivati ad un punto di svolta», con alcuni segnali positivi, evidenziati anche dal Centro studi confindustriale, che lasciano sperare di aver raggiunto il punto più basso della crisi.

Bisogna passare dall’Europa del rigore a quella della crescita, sono state le parole di Squinzi nell’audizione. I fondi strutturali possono svolgere un ruolo decisivo» tanto più se «il Governo stesso saprà approfittare degli spazi aperti dalla Commissione europea rispetto alla possibilità di deviare temporaneamente dal vincolo della spesa rispetto ai progetti cofinanziati dalla Ue». Ed è importante che dal 1° gennaio 2014 i programmi operativi del prossimo periodo di programmaziane possano essere rapidamente attuati.


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