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Tagli di spesa come «clausola di garanzia»

La strada alternativa. Ottenere le stesse risorse con una spending review più massiccia e tagli lineari ai ministeri

Tagli alla spesa, per ora contenuti, possibili nuovi, consistenti aumenti dell’imposizione fiscale a partire dal 2015. Lo schema delle coperture della legge di stabilità va consolidandosi verso la stesura definitiva, dopo ulteriori limature e correzioni. E acquista un ruolo determinante la «clausola di garanzia», una sorta di ridefinizione aggiornata in chiave europea delle attuali «clausole di salvaguardia». In sostanza, se dal 2015 non si realizzeranno i risparmi di spesa previsti scatterà un mix di interventi fiscali sia sul fronte degli sconti e delle agevolazioni (le «tax expenditures») sia su quello delle accise e di altre imposte. Ad adiuvandum, ecco riapparire i tagli lineari alle dotazioni dei singoli ministeri. Gli importi sono quelli indicati fin dalle prime bozze del provvedimento: 3 miliardi nel 2015, 7 miliardi nel 2016 e 10 miliardi nel 2017. Il tempo per la verità stringe, poiché già entro il 31 marzo del prossimo anno il governo dovrà indicare, in qualche modo “prenotare” l’eventuale maggior gettito che nel corso del triennio successivo potrà essere utilizzato in sostituzione dei possibili, mancati risparmi sul fronte della spesa corrente.

Se questo sarà, come sembra, lo schema definitivo della legge di stabilità vi è il concreto rischio che la manovra nel secondo anno di applicazione cambi radicalmente volto, facendo ancora una volta pendere l’ago della bilancia dalla parte delle maggiori entrate. Non sarebbe una novità, se si considera che le tre manovre correttive varate nel 2011, due dal governo Berlusconi una dal governo Monti, hanno operato una correzione complessiva dei saldi di finanza pubblica per 81,2 miliardi, per due terzi concentrata su aumenti del prelievo.

Ma allora eravamo in emergenza, e questa – si è detto e annunciato – è la prima manovra che prova a redistribuire risorse.

Per il 2014, si è fermi a coperture per 8,6 miliardi, che la legge di stabilità affida a tagli alla spesa per 3,5 miliardi (in primis con la scure che si abbatterà sul pubblico impiego), interventi fiscali per 1,9 miliardi, ulteriori misure per 3,2 miliardi, tra cui spicca la revisione del trattamento fiscale delle perdite di banche, assicurazioni e altri intermediari. Con annessa la previsione, anch’essa sotto forma di clausola di salvaguardia o di garanzia, di un intervento in riduzione delle detrazioni Irpef al 18% già con le dichiarazioni del 2014, e del 17% su quelle del 2015.

Il nodo più complesso da dipanare, che ha richiesto un supplemento di istruttoria, è stato proprio quello della definizione esatta di coperture e soluzioni alternative da proporre a Bruxelles per l’intero periodo coperto dalla legge di stabilità, così da garantire il finanziamento dell’intera manovra (24,6 miliardi di risorse complessive da reperire nel triennio). Ora, rispetto allo schema utilizzato sia dal governo Berlusconi che dal governo Monti, si passa a un sistema multiplo di coperture alternative a garanzia dei saldi, laddove quelle previste in prima battuta non garantiscano gli effetti indicati.

Si potrà far conto anche sul gettito atteso dalla rivalutazione delle quote della Banca d’Italia, che con applicazione dell’aliquota del 20% potrebbe garantire un maggiore gettito di 1 miliardo. L’aspettativa maggiore è sui risultati della spending review, che – promette il governo – dovranno essere utilizzati in via prioritaria alla riduzione della pressione fiscale. Indicazioni che il commissario Carlo Cottarelli dovrà fornire al massimo entro un anno, dunque con effetti concreti a valere dal 2015.


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