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Province, speranza Consulta
All'assemblea dell'Upi pioggia di critiche sul ddl Delrio. Polemiche con i sindacati

Pronte a reagire alla delegittimazione mediatica («ci considerano come clan mafiosi»), nella convinzione che «la Consulta ci darà ancora una volta ragione». E ad appellarsi al Quirinale, perché «tuteli le prerogative costituzionali», mentre a breve nasceranno, in tutte le amministrazioni d’Italia, comitati a difesa della Carta. Province in trincea per combattere contro il piano di abolizione voluto dal ministro degli affari regionali Graziano Delrio oggetto, durante l’assemblea dell’Upi, ieri a Roma, di duri attacchi e bollato dal presidente Antonio Saitta «difensore di comuni e regioni», delle quali, aggiunge, dovrebbe spiegare «le ragioni dell’aumento, in dieci anni, del costo, lievitato di 40 miliardi», mentre gli enti che desidera abolire «gravano soltanto per l’1,3% sui conti dello stato». La battaglia per fermare l’iter del disegno di legge al vaglio della commissione affari costituzionali della camera (Ac 1542), dichiara dinanzi alla vasta platea di amministratori e lavoratori, al teatro Quirino, non è finalizzata al mantenimento delle poltrone, poiché «la maggior parte di noi è alla fine del mandato, non proteggiamo il nostro posto, ma le istituzioni sì. Non siamo una lobby, né degli accattoni di prebende», incalza, rammentando che «siamo stati democraticamente eletti, e questa è la nostra forza». E se, prosegue, il governo appare sordo, «avendoci già escluso» da ogni tavolo di discussione, «invitiamo il capo dello stato Giorgio Napolitano a garantirci la partecipazione all’interno del processo di riordino del sistema costituzionale del paese».

L’esigenza di assicurare al cittadino la miglior fruizione possibile dei servizi gestiti a livello provinciale è fondamentale, secondo Saitta, che si domanda con apprensione se Delrio conosca, o meno, i consorzi e le unioni di comuni nelle cui mani finirebbero le competenze in materia di edilizia scolastica, lavoro e rete viaria. «Ci opponiamo a organismi di nominati, vorremmo, invece, avessero poteri elettivi che legittimino i piccoli comuni, di cui oramai l’Anci non si occupa più», dichiara, sollecitando dal palco i colleghi a «incontrare i dipendenti di ogni singolo ente (l’organico complessivo si aggira sulle 56 mila unità, ndr) per spiegare che il sindacato non farà nulla per il mantenimento del loro posto di lavoro». Ma la risposta dei sindacati non si fa attendere. «Il presidente dell’Upi partecipi al confronto da noi avviato con il ministro Delrio che ha già portato alla garanzia dei livelli occupazionali del personale nel processo di riordino», hanno replicato in una nota congiunta i segretari generali Rossana Dettori (Fp-Cgil), Giovanni Faverin (Cisl-Fp) e Giovanni Torluccio (Uil-Fpl). «Bisogna difendere le funzioni che servono alle comunità locali e le professionalità necessarie ad assicurarle. E non gli orticelli dei presidenti, degli assessori, degli incarichi a dirigenti esterni e dei 15 mila consulenti chiamati dalle amministrazioni provinciali».

L’unità d’intenti nello scongiurare l’eliminazione attraversa tutta la penisola, non risentendo né di differenze geografiche, né del colore politico. A presiedere la provincia di Sondrio (78 comuni per 183 mila abitanti, «un’area di 3 mila 300 kmq, con una dimensione pari a quella della Valle d’Aosta») è Massimo Sertori, Lega Nord, che ricorda a ItaliaOggi come il ddl Delrio sia «un salto nel buio, come dichiarato dallo stesso ministro: si dice, infatti, che bisogna svuotare gli enti, in attesa che una norma di carattere costituzionale le abolisca definitivamente, e se ci sarà la forte volontà di trovare il modo di allocare le funzioni. Ragionamenti che valgono poco, noi abbiamo una responsabilità diretta verso i cittadini che ci hanno votati, dobbiamo dare servizi». Scendendo più a Sud, il presidente della provincia di Firenze Andrea Barducci (Pd) sostiene che «le critiche sono nel merito», sicuro che non saranno risolti i guai della p.a. bensì «aumenterà la spesa, giacché non verrà semplificata, ma moltiplicata la filiera istituzionale»; nella sua area, che raggruppa 44 comuni dove vive un milione di cittadini, come altrove crea allarme la sorte ignota dei dipendenti, perciò, osserva, «non vorrei che, visto che si vocifera di esuberi nel pubblico impiego, accadesse di ritrovarseli fra quelli delle province». Pone, infine, i riflettori su un (oneroso) problema locale il napoletano Antonio Pentangelo del Pdl: l’amministrazione, di cui fanno parte 92 comuni e circa 3 milioni 200 mila abitanti, si è vista affidare «dal 1° gennaio 2010, la gestione dell’emergenza rifiuti, per la quale vantiamo un credito verso i sindaci di 260 milioni, avendo fatto da finanziatori noi per gli altri enti». Di questa funzione, però, si rammarica, «non se ne parla. Delle altre, invece, molti sono ansiosi di farsene carico».


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