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Mini-Imu, si paga entro il 24 gennaio
Confermata la scadenza per chi abita in Comuni dove è stata alzata l'aliquota sulla prima casa

Non si tornerà indietro. Ieri il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, ha messo la parola fine alla speranze di chi pensava a una proroga per la mini Imu o addirittura a una sua cancellazione, nel gorgo delle cifre che il Governo sta articolando in questi giorni per far quadrare i conti complessivi della Tasi sull’abitazione principale. Ieri il ministro ha dichiarato che la mini-Imu rappresenta «una necessità dovuta a motivi equitativi, data la natura autonoma dei Comuni nella fissazione delle aliquote».

Le regole, quindi, sono quelle dettate dal decreto legge 133/2013, dove è stato chiarito chi, quanto e quando si dovrà pagare di Imu.

Cioè, per le abitazioni principali, quel 40% della differenza tra il tributo calcolato ad aliquota standard (4 per mille) e quello ad aliquota realmente applicata dal Comune. Nell’infografica qui a fianco sono illustrati tutti i passaggi per non sbagliare, nell’ennesima prova cui il contribuente verrà sottoposto entro il 24 gennaio. Naturalmente chi ha l’abitazione principale in un Comune che non ha aumentato l’aliquota del 4 per mille (come Venezia) non si deve preoccupare della prossima scadenza.

L’appuntamento del 24 gennaio è completamente nuovo ed è stato creato per cercare di trovare una parte almeno della copertura per l’esenzione totale dall’Imu dell’abitazione principale, almeno nei comuni che hanno elevato l’aliquota.

L’adempimento riguarda solo questa tormentata seconda rata del 2013 e non si ripeterà nei prossimi anni, quando i proprietari di abitazioni principali saranno chiamati alla cassa per pagare la Tasi, che (si veda nelle altre pagine) si applica anche alle abitazioni principali.

Anzitutto, va scoperta la base imponibile su cui calcolare l’imposta, cioè la rendita catastale rivalutata del 5 per cento, e moltiplicata per il coefficiente moltiplicatore di 160, quello previsto per le abitazioni (nel caso delle pertinenze ammesse al beneficio il moltiplicatore è lo stesso). In pratica, basta moltiplicare la rendita per 168.

Questa è la base imponibile per ambedue i calcoli che andranno poi messi a confronto.

Poi si calcola l’Imu con l’aliquota al 4 per mille, come illustrato nella scheda qui a fianco, e si detraggono 200 euro più, eventualmente, 50 euro per ogni figlio conviventi di età sino a 26 anni.

Lo stesso identico procedimento si fa utilizzando invece l’aliquota, superiore al 4 per mille, eventualmente decisa dal Comune specificamente per l’abitazione principale.

Il conto finale, comunque, si fa in due passaggi ulteriori: prima sottraendo quanto calcolato con l’aliquota al 4 per mille dall’Imu dovuta applicando invece l’aliquota 2013.

Il risultato va poi considerato al 40 per cento, e questa è la vera e propria mini Imu, da pagare con il modello F24 o (più raramente) con il bollettino di conto corrente postale eventualmente deciso dai Comuni. Ma è chiaro che quasi tutti opteranno per il modello F24.

Numerosi municipi (quasi sempre di centri minori) hanno mantenuto l’aliquota del 4 per mille indicata dalla legge-base del 2011 (il “Salva Italia”), o addirittura in alcuni casi la hanno abbassata, quindi in queste situazioni non è dovuto alcun conguaglio il 24 gennaio. Per vedere quale fosse l’aliquota stabilita dal Comune occorre verificarla sul sito web municipale, dato che per il 2013 non era obbligatorio comunicarla al ministero dell’Economia.

In ogni caso a modificare l’aliquota con un aumento sono stati circa 2.400 comuni, quasi uno su tre, e circa il 60 per cento dei capoluoghi di provincia. In generale la scelta è stata di fissare l’aliquota intorno al 5 per mille (come a Roma). Non molti (tra cui Milano) si sono spinti sino al tetto massimo consentito, il 6 per mille.


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