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Pagamenti alle imprese, l’affondo dell’Europa: basta con le promesse
L’esecutivo scrive a Bruxelles. Oggi il termine per evitare la procedura d’infrazione

La lettera arriverà oggi, ultimo giorno utile per rispondere alla «richiesta di informazioni» avanzata dalla commissione europea sui tempi di pagamento della pubblica amministrazione. Ed è una piccola prova di come il governo voglia cambiare atteggiamento verso Bruxelles, forse il primo tentativo di quel passaggio da «ce lo chiede l’Europa» a «lo chiediamo noi all’Europa», teorizzato dallo stesso Matteo Renzi pochi giorni fa.

La commissione ci contesta la violazione della direttiva europea che fissa un limite di tempo ridotto, 30 o 60 giorni a seconda dei casi, per saldare le fatture dello Stato e degli enti locali. Bruxelles ci aveva scritto cinque settimane, facendo il primo passo verso l’apertura formale di una procedura d’infrazione che sarebbe la numero 120. Per rispondere avevamo chiesto più tempo, Bruxelles ci ha detto no, e le nostre spiegazioni arrivano in zona Cesarini. Già questo non è un caso. Ma il vero segnale del cambio di atteggiamento è che il governo italiano contesta in modo netto alcune delle accuse.

Anche adesso i tempi di pagamento medi sono intorno ai 170 giorni, come sostiene Bruxelles? Un rilievo «senza evidenze» risponde il governo, aggiungendo che in alcuni settori, come la sanità, al di là di alcuni casi limite, siamo ormai vicinissimi alle regole europee. Non garantiamo che chi sfora i tempi debba pagare una sanzione salatissima, gli interessi più una mora dell’8,25%, inserendo delle clausole-furbata nei contratti?

Anche questa accusa viene respinta e chi la muove ne ha «l’onore della prova». Anche sulla montagna di arretrati, che pure non rientrano direttamente nella possibile procedura d’infrazione, il governo mette i puntini sulle i. Dice la lettera del governo che non ha fondamento quella cifra di 100 miliardi di vecchi debiti che continua a circolare. E che anche la somma indicata dalla Banca d’Italia, 91 miliardi, è sovrastimata perché frutto di un sondaggio fra le imprese che probabilmente ha messo nel conto tutte le somme dovute e non solo le fatture scadute come invece sarebbe corretto. Eppure è proprio quella montagna di arretrati, scrive il governo, che ha reso più difficile rispettare i nuovi limiti di 30/60 giorni in vigore dall’inizio dell’anno scorso. E qui dalla contestazione passiamo alle (parziali) ammissioni di responsabilità.

Se non fosse stato necessario smaltire tutte quelle le fatture non pagate fino alla fine del 2012 – è la difesa del governo – sui nuovi contratti la pubblica amministrazione avrebbe avuto tempi di pagamento migliori. E l’operazione arretrati sta andando meglio rispetto agli obiettivi iniziali. La prima ipotesi parlava di 40 miliardi di euro di pagamenti fra il 2013 e il 2014. Poi, come somme stanziate, siamo passati a 47 miliardi, anche se per l’ultimo report del ministero dell’Economia le somme effettivamente pagate sono a quota 22,8 e le ultime rilevazioni informali dicono che siamo intorno ai 25 miliardi. Un’altra aggiunta potrebbe arrivare dopodomani con un’altra tranche da 10/15 miliardi con la garanzia dello Stato sulla cessione dei crediti alle banche. Per arrivare a un totale di 60 miliardi in due anni.

La lettera arriverà a Bruxelles nel giorno in cui Pier Carlo Padoan parteciperà al suo primo Ecofin, la riunione di tutti i ministri dell’Economia. Un debutto non semplice dopo che il governo Renzi aveva lanciato segnali di insofferenza se non proprio di guerra, manifestando l’intenzione di mettere in discussione le fondamenta dell’Unione, dal tetto del 3% nel rapporto fra il deficit e il Prodotto interno lordo fino all’intero Fiscal compact, il pacchetto di misure che impone il taglio del debito pubblico al ritmo forsennato del 3,5% l’anno. Forse anche per questo, nell’ultima versione della lettera di risposta alla commissione, il governo prende una serie di impegni per andare incontro a Bruxelles. Ricorda che – con una procedura già avviata dal governo Letta – dal primo gennaio del 2015 ci sarà l’obbligo di registrare tutte le fatture. Mentre un anno dopo tutti gli enti locali dovranno passare ad un nuovo sistema di contabilità finanziaria e al bilancio economico patrimoniale. Tutte regole e procedure che consentiranno di individuare rapidamente chi accumulerà nuovi ritardi nei pagamenti.

Poi il governo prende l’impegno di valutare la possibilità di accelerare sulla fatturazione elettronica, anticipando di sei mesi l’obbligo per gli enti locali al momento previsto per giugno 2014. Basterà tutto questo ad evitare l’apertura formale di una nuova procedura di infrazione? L’italiano Antonio Tajani, il vice presidente della commissione che segue il dossier per l’Unione, non è ottimista: «Valuteremo ma la situazione mi sembra compromessa. Purtroppo non bastano le promesse e nemmeno le manifestazioni di buona volontà».

Nessuno sconto all’Italia con quel mare di arretrati da smaltire? «In altri casi si può essere flessibili – risponde lui, in partenza per il Cile – ma in questo no. I pagamenti in ritardo fanno chiudere le aziende».


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