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Il revisore «paga» l'elusione dal Patto
Finanza pubblica. Condanna per danno

Pesanti conseguenze in caso d’irregolare esclusione di spese rilevanti ai fini del patto di stabilità. La Corte conti Campania ha sanzionato revisori e responsabile del servizio finanziario di un Comune che, a seguito di un’ispezione della Ragioneria generale, risulta aver rispettato il Patto 2003 grazie alla mancata inclusione nei saldi di spese non escludibili. In specie, non risultano nei saldi le spese di gestione degli uffici giudiziari, per il fondo nazionale affitti, per il fondo nazionale politiche sociali, per i referendum a carico dello Stato che, invece, avrebbero dovuto essere conteggiate (articolo 29 della legge 289/2002).

Il danno è stato quantificato partendo dalle spese effettuate nel 2004 grazie all’illegittima violazione dei divieti che non avessero rispettato i vincoli dal patto. Si tratta di assunzioni di personale, contrazione di mutui e mancata effettuazione delle dovute riduzioni di spesa.

L’importo così determinato, tuttavia, anche tenendo presente l’utilitas delle spese eseguite e l’impossibilità di quantificare in misura esatta il danno, è stato ridotto dai giudici in modo consistente (il 7,6% di quello complessivamente arrecato).

La sentenza, che s’inserisce in una corrente che va consolidandosi (ad esempio, sezione Piemonte 6/2013), va segnalata per tre aspetti.

1) Il ruolo dei revisori in materia di certificazione del patto non è una mera presa d’atto dei dati e della qualificazione contabile delle poste forniti dalla Pa. Al contrario, i revisori devono vigilare sulla corretta qualificazione contabile e finanziaria delle voci ai fini del patto stesso.

2) La Pa danneggiata dalla condotta illecita, nel caso di specie, va individuata in egual misura nello Stato e nell’ente locale;

3) L’impossibilità di ricalcolare i dati finanziari dell’anno 2001 che sono il parametro di calcolo per accertare il rispetto del patto 2003 (nota Rgs n. 2994/2003). I dati degli anni precedenti, infatti, secondo quanto previsto dell’articolo 29 della legge 289/2002, avrebbero un carattere fisso e stabile. A questi devono fare riferimento gli enti negli anni seguenti, senza possibilità di invocarne l’erroneità, poiché sono da considerarsi vincolanti.

I tre principi enunciati chiaramente valgono non solo per il Patto 2003, ma anche per le versioni successive, ponendosi come regole generali di condotta in caso di raggiungimento degli obiettivi del patto mediante errata o omessa imputazione delle poste.


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