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Ricapitalizzazione illegittima senza l'ok del ragioniere capo
Corte dei conti. Rapporti finanziari con le aziende

La delibera consiliare con la quale l’ente locale autorizza l’assemblea dei soci alla ricapitalizzazione societaria non è configurabile come mero atto di indirizzo, quindi è necessario che il responsabile del servizio interessato e il responsabile del servizio finanziario esprimano i pareri previsti dall’articolo 49, comma 1 del Dlgs 267/2000. La ricapitalizzazione per perdite produce infatti conseguenze dirette o indirette sulla situazione economico-finanziaria o patrimoniale dell’ente, anche in funzione degli obblighi di futuro consolidamento dei conti. Con il parere 96/2014 la sezione regionale di controllo della Corte dei Conti della Lombardia esprime perplessità sulla ricapitalizzazione di società finalizzata alla mera liquidazione dell’attivo e non al rilancio strategico delle attività.

Prodromica a qualunque valutazione è la verifica dei riflessi sul bilancio locale derivanti dal sostenimento di oneri correnti per la copertura di perdite e degli effetti indiretti e futuri che potrebbero scaturire in conseguenza di previsioni poco attendibili.

Resta immutato il vincolo di finanza pubblica recato dall’articolo 6, comma 19, del Dl 78/10 e sintetizzato nel principio del divieto di soccorso finanziario. Non sono pertanto ammissibili interventi a fondo perduto per il ripiano di perdite strutturali, non supportati da idonei piani industriali basati su una prospettiva di rilancio economico-finanziario di medio-lungo periodo.

Il richiamo operato all’articolo 2447, comma 19 del Codice civile rappresenta norma di coordinamento tra la disciplina pubblicistica e quella societaria. Poiché, come anche chiarito dalla Cassazione, la riduzione del capitale al di sotto del limite legale produce automaticamente lo scioglimento della società, ne deriva che la mancata adozione da parte dell’assemblea dei provvedimenti di azzeramento e ripristino del capitale o di trasformazione sociale non esonera gli amministratori dalla responsabilità conseguente al proseguimento dell’attività di impresa in violazione del divieto di nuove operazioni.

L’amministrazione che non intendesse procedere allo scioglimento dovrebbe motivare adeguatamente la scelta, valutando il piano industriale e, nel caso di società di interesse generale, il relativo contratto di servizio, attraverso cui regolare le condizioni di efficienza della gestione e di equilibrio economico-finanziario nel tempo.

In questa prospettiva, sostengono i magistrati contabili, la perdita in sé potrebbe non rappresentare fatto negativo, in quanto connessa a fasi di rilancio dell’attività o connaturata alla natura di servizi poco remunerativi, quali, in certi casi, il trasporto pubblico locale.


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