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Spunta il «salva-Roma» quater
Finanza locale. Nuove misure per evitare la paralisi della Capitale - A Milano buste paga «libere»

Non si ferma la giostra delle regole pro-Capitale, che nei fatti provano a trarre d’impaccio parecchi Comuni grandi e medi. Appena pubblicato in Gazzetta Ufficiale il terzo decreto «salva-Roma», è già ora del quarto, che ancora una volta prova a sanare i contratti integrativi fuori norma nelle città. Sui tavoli del Governo ieri si è lavorato a un decreto che potrebbe arrivare già domani in consiglio dei ministri, e che metterebbe in atto la sanatoria generalizzata non riuscita con il «salva-Roma» ter: l’idea è quella di dare 90 giorni per una revisione complessiva delle regole sui contratti decentrati degli enti locali, e nel frattempo continuare a pagare gli stipendi attuali in attesa della “riforma”.

Il problema, intricato, è quello dei contratti integrativi che negli enti locali hanno distribuito stipendi accessori fuori regola, e sono stati stoppati dalle ispezioni della Ragioneria generale. A Roma il ministero ha contestato erogazioni per oltre 600 milioni di euro fra 2008 e 2013, con l’aggravante che l’integrativo non è mai stato adeguato alla riforma Brunetta e per questo sarebbe da considerare automaticamente decaduto dal 1° gennaio dell’anno scorso: tutti i pagamenti successivi sarebbero quindi illegittimi, ai dirigenti sono stati contestati maxi-danni erariali, anche per svariati milioni di euro a testa, e quindi nessuno ha intenzione di assumersi il rischio di firmare il via libera agli stipendi di maggio (si veda Il Sole 24 Ore di ieri).

Di qui l’urgenza di intervenire, per evitare di vedere proprio nei giorni delle elezioni europee la Capitale bloccata da scioperi e manifestazioni (come quella di martedì mattina) da parte dei 24mila lavoratori del Campidoglio che si vedrebbero tagliato lo stipendio anche del 20% e oltre mentre a 10 milioni di dipendenti arrivano gli 80 euro del «bonus Renzi». Ma problemi della stessa natura, anche se di proporzioni diverse, si incontrano in tante città, da Firenze a Vicenza, da Reggio Calabria a Siena, quindi sono in tanti ad attendere “salvezza” dopo la mancata sanatoria del «salva-Roma» ter. Il terreno è minato, economicamente e politicamente, e il testo è in fase di limatura: tra le ipotesi c’è anche quello di dargli una valenza interpretativa, che permetterebbe di estendere la coperta anche al passato evitando le richieste di restituzione a carico dei dipendenti che hanno percepito integrativi fuori norma. L’esito dipende naturalmente anche dall’atteggiamento dell’Economia, che con le sue ispezioni ha scoperchiato un problema da miliardi di euro.

Se Roma e gli altri devono attendere l’esito di questa partita, c’è un Comune che può già guardare a regole più generose sul personale. Negli emendamenti dei relatori al decreto «casa-Expo» (si veda l’articolo a fianco), infatti, Milano vede cancellato il blocco degli stipendi che congela le buste paga di tutta la Pa dal 2010; via per legge anche i limiti contrattuali ai premi di risultato dei dirigenti (che negli altri Comuni non possono superare il 25% della retribuzione di posizione), mentre una sanatoria preventiva eviterebbe addirittura contestazioni a tutti gli integrativi adottati fino al 31 dicembre 2015.


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