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I dirigenti statali: no alla licenziabilità

I sindacati dei dirigenti della pubblica amministrazione rompono il silenzio e dicono la loro sulle linee guida della riforma della pubblica amministrazione presentata dal governo due settimane fa. I punti di disaccordo sono pochi ma delicati. Il primo riguarda la licenziabilità per coloro che restano privi di incarico oltre un determinato periodo. Per il segretario generale di Unadis, Barbara Casagrande, in gioco ci sarebbe l’indipendenza del dirigente, il cui destino diventerebbe strettamente legato alla «tessera di partito». Le preoccupazioni non finiscono qui e sono state messe nero su bianco in un documento firmato oltre che da Unadis, l’Unione nazionale dei dirigenti di Stato, anche da Direr in rappresentanza dei vertici regionali, da Direl per il management locale e da Fedir Sanità per i responsabili tecno-amministrativi del settore. In tutto quattro sigle sindacali fatte esclusivamente da dirigenti (ad eccezione di medici e presidi) che fanno riferimento a una platea di sei mila persone.

I SUGGERIMENTI
I no secchi sono solo 2 sui 44 punti in cui si snoda la riforma: la licenziabilità che, spiegano, «già esiste in caso di reati o valutazioni negative»; e l’abolizione del segretario comunale, ritenuta invece una figura «da rafforzare». Ma tante sono le osservazioni e quella più sentita è la reintroduzione del ruolo unico della dirigenza, oggi divisa in fasce. Le quattro sigle si dicono a favore degli incarichi a termine, ma avvertono come si debba evitare «la generalizzazione dello spoil system». Ecco che, suggeriscono, nel ruolo unico «devono essere compresi solo i dirigenti vincitori di concorso». Quanto al dimezzamento dei permessi sindacali, fanno notare che il risparmio potrebbe essere di «90 milioni di euro», mentre molto di più frutterebbe «un taglio del 30% della politica», calcolato intorno «ai 2 miliardi di euro». Insomma, mettono in guardia, «ci opporremo ad ogni forma di addomesticamento politico» e «di precarizzazione illegittima». Nessuna risposta ufficiale arriva per ora dal governo, che si è impegnato ad approvare la complessa riforma il prossimo 13 giugno, dopo un mese di consultazione on line con cittadini e dipendenti della stessa pubblica amministrazione, sulla base delle proposte rese pubbliche il 30 aprile.


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