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Il bonus mobili torna «libero»
Dal Parlamento. Approvato al Senato il decreto casa - Sì alla cedolare secca nei Comuni interessati da stati di emergenza

Il decreto casa (47/2014) rilancia il bonus mobili «libero», assegnato cioè a prescindere dal valore della ristrutturazione a cui è collegato, e allarga la cedolare secca ai Comuni che sono stati coinvolti in stati di emergenza negli ultimi cinque anni, promettendo anche entro un mese un nuovo elenco Cipe con i centri ad alta intensità abitativa in cui si possono scrivere contratti di locazione a canone concordato. Si perde invece per strada, nonostante i molti tentativi, l’Imu al 4% sulle case affittate ad affitto calmierato, caldeggiata dallo stesso ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, che rappresenta il “padre” del provvedimento, oltre all’intervento che avrebbe sbloccato stipendi dei dipendenti e premi dei dirigenti nel Comune di Milano. A Palazzo Marino, come nelle altre città, si dovranno accontentare della sanatoria sugli integrativi fuori norma (a Milano non sono arrivate ancora contestazioni, ma i problemi ci sono) scritta nella circolare «salva-Roma» quater diffusa mercoledì (si veda Il Sole 24 Ore di ieri).

Suona così il bilancio della legge di conversione del decreto «casa-Expo» dopo il primo passaggio parlamentare, che si è concluso ieri in Senato con l’approvazione, con 133 voti a favore e 99 contrari. Un bilancio che ha buone probabilità di essere quello definitivo, dal momento che i tempi per la conversione definitiva scadono il 28 maggio e non offrono troppi spazi per modifiche alla Camera da far ulteriormente ratificare da Palazzo Madama.

Le ultime novità sono state definite nelle sedute di martedì e di ieri, dove sono state disattese una serie di indicazioni della commissione Bilancio e sono stati ripescati anche molti emendamenti bocciati dalle commissioni riunite. Ecco le più rilevanti.

Anzitutto, la detrazione del 55% sugli acquisti di arredi perde il tetto di spesa legato a quanto si è pagato per i lavori di recupero edilizio. Resta quindi solo il tetto di spesa a 10mila euro. Poi c’è la sanatoria dei «minicanoni » degli inquilini che hanno denunciato i proprietari per gli affitti in nero e hanno sfruttato i grossi sconti offerti dalla norma poi cancellata dalla sentenza 50/2014 della Corte costituzionale: gli «effetti prodotti» da quella regola vengono «fatti salvi fino al 31 dicembre 2015», con un intervento non proprio esemplare dal punto di vista costituzionale.

Sul fronte affitti, il Fondo nazionale per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione e alla «morosità incolpevole» servirà anche a rinegoziare i canoni esistenti attraverso agenzie per l’affitto e ad aiutare anche chi è colpito da sfratto per finita locazione, e non solo per morosità.

Per liberare le case popolari dagli abusivi, il decreto mette in campo parecchie norme, alcune approvate in ultima battuta dall’Aula del Senato: quella che vieta gli allacci di acqua, luce e gas a chi occuperà abusivamente una casa, anche se vuota (viene cancellato il possibile effetto retroattivo del provvedimento originale), e il divieto, per almeno cinque anni, di iscriversi nella lista per le aggiudicazioni delle case popolari.

Novità anche per il riscatto delle case ex Iacp: non sarà ammesso prima dei sette anni di locazione, sarà limitato solo a chi non possiede altro alloggio idoneo alla famiglia e non si potrà rivendere la casa prima di altri cinque anni. Inoltre, alloggi di housing sociale sono considerati tali anche quando vengono locati (oltre che a famiglie in stato di disagio sociale) a donne ospiti di centri anti violenza.

Infine, esce dal concetto di «nuova costruzione» (quindi non serve più il permesso edilizio) l’installazione di manufatti leggeri (prefabbricati, roulotte, camper, case mobili, imbarcazioni usate come abitazioni o depositi) che siano installati, con temporaneo ancoraggio al suolo, all’interno di strutture ricettive all’aperto. Sugli appalti è infine ampliato a cinque anni il periodo per dimostrare i requisiti per le attività di verifica dei progetti, sono fatti salvi quelli messi a rischio dalle contraddizioni normative sui lavori specialistici e viene eliminato il principio di corrispondenza tra quote di partecipazione alle Ati e percentuale di esecuzione dei lavori per i raggruppamenti di imprese.


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