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Se c'è un'autorità d'ambito i comuni non possono approvare le tariffe Tari

I comuni non possono approvare da soli i piani finanziari e le tariffe della tassa rifiuti (Tari) quando a tal fine è stata costituita un’apposita autorità d’ambito o un’agenzia a livello regionale. In caso di inerzia di quest’ultima, l’unico modo per uscire dall’impasse è attivare il potere sostitutivo nelle forme di legge.

Il chiarimento arriva dal parere n. 125/2014 della sezione regionale di controllo per l’Emilia Romagna della Corte dei conti. La questione riguarda l’art. 1, comma 683, dell’ultima legge di stabilità (legge 147/2013): in base a tale disposizione, il consiglio comunale deve approvare le tariffe della Tari in conformità al piano finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani, redatto dal soggetto che svolge il servizio stesso e approvato dal consiglio comunale o da altra autorità competente a norma delle leggi vigenti in materia.

In Emilia Romagna, a esempio, la legge regionale 23/2011 ha istituito un’apposita agenzia territoriale per sovrintendere ai servizi idrici e rifiuti. In casi come questo, la competenza ad approvare il piano finanziario e le tariffe si radica nell’ente sovracomunale e il consiglio comunale non può sostituirsi a esso neppure quanto lo stesso rimane inerte. Per ovviare, precisano i magistrati contabili, è necessario richiedere l’esercizio dei poteri sostitutivi nelle modalità previste dalla normativa in materia di mancato esercizio di funzioni da parte degli enti locali, ai quali le predette agenzie sono riconducibili in quanto «consorzi obbligatori di enti locali. Nel caso di specie, ad esempio, il potere sostitutivo è in capo alla regione, ai sensi dell’art. 30 della citata legge regionale 23. Solo laddove le autorità d’ambito non sono state (ancora) istituite, i comuni potranno fare da sé.

Il parere si sofferma che sul contenuto dei piani finanziari: nel caso in cui siano redatti da una autorità o agenzia d’ambito, essi devono necessariamente considerare anche i costi amministrativi dell’accertamento e riscossione (i cosiddetti Carc), anche se questi siano sostenuti dal comune. I piani, inoltre, devono comprendere anche i costi di funzionamento del soggetto sovracomunale.


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