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Adeguamento degli Statuti: tempi lunghi e controlli difficili
Accertamenti. L'attività delle amministrazioni

Il nuovo modello di dichiarazione per gli enti non commerciali rende particolarmente difficoltosa l’attività di controllo da parte dei comuni, per via di numerose incertezze applicative.

Le istruzioni allegate al decreto in pubblicazione introducono criteri allo stesso tempo più blandi e più rigidi rispetto alle indicazioni della Commissione Europea e al Dm 200/2012: per esempio, per le attività didattiche è previsto l’inedito parametro del “costo medio per studente”, mentre le attività ricettive sono esenti solo se organizzate in forma non imprenditoriale, quindi finirebbero per pagare l’Imu e la Tasi tutte le strutture indicate nell’articolo 9 del codice del turismo, con tariffe bassissime, anche se prevedono un’accessibilità limitata e se rispondono a obiettivi di assistenza, educazione o turismo sociale.

Peraltro, il decreto ministeriale non si limita a riportare le istruzioni per la compilazione del modello di dichiarazione, ma conferma le precedenti interpretazioni ministeriali.

In particolare con la risoluzione n. 3/2013 il Dipartimento delle Finanze aveva affermato la natura ordinatoria del termine per adeguare l’atto costitutivo ai nuovi requisiti richiesti dal Dm 200/2012, rappresentati dal divieto di distribuire utili o avanzi di gestione, dall’obbligo di reinvestire gli utili/avanzi esclusivamente per lo sviluppo delle attività e infine dall’obbligo di devolvere il patrimonio in caso di suo scioglimento ad altro ente non commerciale che svolga analoga attività.

A ben vedere si tratta di elementi essenziali, non meramente formali, necessari per qualificare l’attività in senso non commerciale, quindi chi non possiede tali requisiti non può usufruire dell’esonero.

Le istruzioni invece consentono di rinviare i termini per l’adeguamento degli statuti, in evidente contrasto alla finalità della norma e con riflessi negativi sull’attività di controllo.

Anche sul regime sanzionatorio si registra una presa di posizione da parte del ministero, che ritiene applicabile all’Imu la disciplina contenuta nell’articolo 14 del Dlgs 504/92 piuttosto che il nuovo regime previsto per la Iuc, che a questo punto di “unico” non ha più nulla.

Le differenze sono evidenti: la disciplina della Iuc fa scattare la sanzione per omessa o infedele denuncia sul «tributo non versato» anziché sul tributo «dovuto» (Dlgs 504/92); inoltre le sanzioni per la mancata risposta al questionario, con la Iuc sono da 100 a 500 euro, rispetto a 51-258 euro del Dlgs 504/92. La questione peraltro si riflette sui poteri del funzionario responsabile Imu, che non potrà rappresentare in giudizio il comune, a differenza della Tari e della Tasi.

Il ministero valorizza così il comma 703 della legge 147/13 che fa salva la disciplina dell’Imu.

Ma finisce per porsi in contrasto con la disposizione istitutiva della Iuc (comma 639), che viene svuotata di contenuti. Inoltre, nel pacchetto di commi 692-702, che il ministero ritiene inapplicabile all’Imu, ci sono diversi richiami alla Iuc e quindi dovrebbe costituire una disciplina unitaria di tutte le componenti della nuova imposta: Imu, Tari e Tasi.

Soluzione dettata anche da reali esigenze di uniformità e di unicità delle regole procedurali.


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