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Metà dei tagli da Comuni e Regioni
Braccio di ferro sulla sanità - Dalla potatura degli sconti fiscali meno di 1 miliardo

La metà dei tagli di spesa sarà a carico di Regioni e Comuni. Almeno sulla base della prima griglia di massima del piano di riduzione della spesa che il Governo sta allestendo in vista del varo della legge di stabilità, previsto per il 15 ottobre. Dei 9-10 miliardi che l’esecutivo conta di ricavare utilizzando la leva dei tagli (ma rimanendo comunque ben al di sotto dell’obiettivo dei 16 miliardi indicato dal Def di aprile) dai 4,5 ai 5 miliardi dovranno arrivare da una nuova stretta a carico dei Governatori per 3 miliardi e dei sindaci per non meno di 1,5-1,8 miliardi. Un’operazione da realizzare soprattutto attraverso un nuovo giro di vite sugli acquisti di beni e servizi e dando maggiore operatività al meccanismo dei costi standard. Sul “conto” per i ministeri invece c’è ancora incertezza. Palazzo Chigi e il ministero dell’Economia punterebbero a risparmi per almeno 4-4,5 miliardi. Anche se alla luce delle difficoltà a far quadrare il cerchio, alla fine ci si potrebbe fermare a quota 3-3,5 miliardi.

Allo stato attuale rispetto all’obiettivo massimo fissato per i dicasteri mancherebbero all’appello almeno 2 miliardi. La partita sarebbe ancora in corso per diversi ministeri. A partire dalla Sanità che dovrebbe contribuire per non meno di 700-900 milioni soprattutto grazie alla proroga del taglio del 5% dei prezzi dei dispositivi medici. Ma i tecnici del Governo punterebbero ad arrivare a più di 2 miliardi. Tra le ipotesi sul tappeto ci sarebbe anche l’azzeramento della quota aggiuntiva da 2,1 miliardi del Fondo sanitario prevista per il 2015. Un’idea che non piace affatto ai Governatori. Con il presidente della Ragione Toscana, Enrico Rossi, che afferma: «Ai nemici del servizio sanitario dico di fermarsi o sono pronto a portare la gente in piazza per difenderlo». Da definire anche la dote che dovrà essere garantita dai ministeri della Difesa e delle Infrastrutture.

Il piano dei tagli dovrebbe essere rafforzato dall’intervento di potatura delle giungla delle tax expenditures che sarà molto probabilmente di tipo selettivo tra detrazioni d’imposta, crediti d’imposta e regimi agevolati. Su questo fronte dovrebbero essere recuperati dai 600 ai 900 milioni. Risparmi che garantirebbero solo un terzo delle risorse necessarie per disinnescare la clausola fiscale da 3 miliardi ereditata dal Governo Letta. Circa 2 miliardi “aggiuntivi” dovrebbero poi arrivare dalle misure di contrasto dell’evasione fiscale. Dove però tramonta definitivamente, con il no di Bruxelles annunciato ieri da Renzi a Milano, l’ipotesi di ampliare il reverse charge ad altri settori di servizi alle imprese: «Il problema dell’evasione c’è – ha detto Renzi – e il meccanismo che porterebbe almeno 10 miliardi di euro è il reverse charge, deve essere autorizzato in sede europea, ma non è stato autorizzato».

Per le imprese sul tavolo resta l’ipotesi di un taglio mirato dell’Irap da oltre 2 miliardi soprattutto per incentivare i nuovi contratti a tempo indeterminato. Non è ancora tramontata del tutto anche l’ipotesi di un nuovo taglio delle aliquote come quello del maggio scorso. E questo anche se a Palazzo Chigi si preferisce un intervento di fiscalizzazione dei contributi sociali. Sul fronte del sostegno alle attività produttive trova sempre più conferme l’ampliamento da 3 a 5 anni del credito d’imposta per chi investe in ricerca e sviluppo, così come il rifinanziamento della “nuova legge Sabatini” per il sostegno alle imprese che investono in nuovi macchinari.


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